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Inicio Boletín Mexicano de Derecho Comparado La tradizione giuridica contro-egemonica in Ecuador e Bolivia*
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Vol. 48. Núm. 143.
Páginas 483-530 (mayo - agosto 2015)
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Vol. 48. Núm. 143.
Páginas 483-530 (mayo - agosto 2015)
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La tradizione giuridica contro-egemonica in Ecuador e Bolivia*
The counter-hegemonic legal tradition in Ecuador and Bolivia
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Serena Baldin**
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Resumen

Il saggio analizza le costituzioni di Ecuador (2008) e Bolivia (2009) al fine di comprendere il significato giuridico di “Buen vivir”, la cosmovisione dei popoli indigeni menzionata in quei testi. Nel paragrafo introduttivo si chiarisce il significato testuale della cosmovisione andina, che implica una vita in armonia fra gli individui, le comunità e la natura. Il II paragrafo si focalizza sul concetto di diritto cosmopolitico subalterno; nella globalizzazione contro-egemonica, infatti, il diritto è concepito in termini di rivalutazione della tradizione indigena e di estensione del pluralismo giuridico, elementi individuabili nei paesi in indagine. Il III paragrafo è dedicato al significato delle tradizioni e ai valori che soggiacciono alla tradizione giuridica contro-egemonica. Nei successivi paragrafi si analizzano le declinazioni giuridiche della cosmovisione andina nelle costituzioni di Ecuador e Bolivia e le caratteristiche dei nuovi Stati plurinazionali. Il VI paragrafo è rivolto all’analisi dei diritti di Madre Terra. Il paragrafo finale illustra i risultati dell’analisi comparata e la potenziale diffusione della tradizione giuridica contro-egemonica da Ecuador e Bolivia in altri ordinamenti.

Palabras clave:
buen vivir
diritto cosmopolitico subalterno
tradizione giuridica contro-egemonica
Stato plurinazionale
diritti della natura
Abstract

This paper aims to analyze the constitutions of Ecuador (2008) and Bolivia (2009) highlithing the legal meaning of Buen vivir, the native peoples’ cosmovision which permeates these texts. The Introduction provides an overview of the native cosmovision, which implies an armonic life of individuals, communities, and nature. Section II gives an explanation of the concept of subaltern cosmopolitan legality; in the counter-hegemonic globalization, the law is conceived in terms of revalutation of the chtonic tradition and of the extension of legal pluralism. In Section III, the meaning of traditions and the values of the counter-hegemonic legal tradition are illustrated. Section IV is devoted to the analysis of the positivization of the Andean cosmovision in the constitutions of Ecuador and Bolivia. Section V illustrates the characteristics of the new Plurinational States. An analysis is carried out with regard to the explanation of the rights conferred to the Mother Earth in Section VI. The final Section is dedicated to the illustration of the results of the comparative analysis and to the potential diffusion of the counter-hegemonic legal tradition from Ecuador and Bolivia to other legal systems.

Keywords:
Buen Vivir
Subaltern Cosmopolitan Legality
Counter-Hegemonic Legal Tradition
Plurinational State
Rights of Nature
Texto completo
ILe costituzioni “degli altri”

Nel panorama contemporaneo le modalità di riconoscimento costituzionale delle minoranze ruotano attorno a un nucleo di diritti culturali, a cui possono aggiungersi sfere di autonomia territoriale e giurisdizionale. Ecuador e Bolivia seguono tale schema. Nelle costituzioni in vigore, risalenti al 2008 e al 2009, la cultura autoctona è accolta anche in altro modo, in una forma più pregnante, oggetto del presente studio.

A seguito del fallimento delle istituzioni a riformare il sistema socio-economico e ad attuare i diritti dei popoli autoctoni, alle soglie del XXI secolo si ebbero movimenti di protesta e rivolte promosse dagli abitanti delle zone rurali, soprattutto nativi. La “guerra dell’acqu” e la “guerra del gas” contro le privatizzazioni a favore delle multinazionali in Bolivia, le lotte per la sovranità monetaria persa con la dollarizzazione dell’economia in Ecuador, nonché le marce per la gestione del territorio e delle risorse naturali, imposero la riscrittura dei testi solenni secondo nuovi valori e linee alternative allo sviluppo capitalista.1 Ora questi Stati aderiscono a una forma di organizzazione sociale ed economica che si proclama rispettosa del modus vivendi degli indigeni e distinta da quella neoliberale, di cui si contestano soprattutto l’economia estrattivista e le politiche socialmente irresponsabili. Le costituzioni “degli altri” riflettono gli ideali dei popoli autoctoni sinora inascoltati, accolgono un sistema di pensiero rimasto relegato nelle comunità facendolo confluire nel percorso costituzionalistico di impronta coloniale. La filosofia di vita andina si regge sui principi di relazionalità, corrispondenza, complementarietà, reciprocità. La loro soddisfazione esige una struttura sociale, economica e politica diversa da quella occidentale.2 Richiede uno sforzo di decodifica e di rielaborazione giuridica. Sollecita una lettura interculturale a ogni livello di conoscenza per comprendere l’essenza di paradigmi e di antichi saperi disdegnati per secoli. Un passaggio obbligato per affermare una epistemologia del Sud,3 non occidentale, che finalmente incorpori la cultura autoctona nell’identità latinoamericana, sovente dipinta come mera periferia del centro eu-ropeo.4

Le nuove fondamenta di Ecuador e Bolivia si identificano nella costruzione di Stati plurinazionali, nei diritti riconosciuti alla natura e nel buen vivir.5 Il tratto più originale delle due costituzioni è offerto dai richiami alla cosmovisione andina, sumak kawsay in lingua quechua e suma qamaña in aymara, buen vivir o vivir bien nella versione castigliana. Il termine buen vivir non può essere accostato all’idea occidentale di benessere.6 Letteralmente l’espressione suma qamaña indica anima buona o vita degna, mentre sumak kawsay si traduce con esistenza bella. Con una perifrasi, l’idea sottesa è l’equilibrio fra ragione, sentimenti e istinti per vivere appieno l’esistenza.7

Nel passaggio da una struttura linguistica a un’altra, la comprensione di un istituto giuridico è sempre foriera di possibili equivoci o fraintendimenti. Tali pericoli si avvertono in misura maggiore trovandosi davanti alla sfida di tradurre un termine che designa ben più di uno stile di vita.8 La sola interpretazione testuale del buen vivir non permette di cogliere gli aspetti fondamentali della concezione andina del mondo. In questa sede rileva la declinazione giuridica della cosmovisione, che impone un chiarimento di ordine semantico.

La cosmovisione è data dalle immagini del mondo, dalle valutazioni sulla vita, dagli orientamenti della volontà. Le divergenze fra la cosmovisione andina e quella occidentale sono significative. Le immagini del mondo indicano come relazionarsi con la natura, le cose, le persone, le divinità: l’idea andina è cosmocentrica, con l’uomo cosciente di avere un ruolo passivo e subordinato rispetto all’ordine delle cose, mentre in Occidente si ha un’immagine antropocentrica. Le valutazioni sulla vita si riferiscono ai principi che guidano la condotta umana: nel pensiero andino si fondano sulla complementarietà (uomo-donna, individui-natura) e sulla gerarchia; nella cultura occidentale sugli individui padroni del loro destino e che agiscono con fini e strategie prestabilite. Gli orientamenti della volontà rispecchiano le tendenze che plasmano la vita psichica, che nella visione indigena invitano a coltivare un affetto collettivo verso la natura in quanto tutte le azioni, individuali e comunitarie, hanno effetti rilevanti nell’universo reputato integrato e interdipendente, laddove in Occidente la natura è sottomessa al dominio della scienza. Ancora, fra gli ambiti di maggiore distinzione fra la visione europea e quella andina vengono annoverati l’educazione occidentale di tipo logocentrico, dove predomina il logos, mentre nei contesti latinoamericani prevale la trasmissione orale con un ricco valore simbolico e un forte vincolo personale; l’economia, con la concezione occidentale lontana da quella andina basata sulla reciprocità;9

la democrazia europea di tipo rappresentativo, distinta dalla democrazia partecipativa e consensuale delle culture ancestrali; la costruzione sociale dell’individualismo e della libertà preminenti in Occidente, in antitesi alla vita comunitaria dei popoli andini; la religione monoteista in contrapposizione all’animismo indigeno; la tecnologia strumentale occidentale che disprezza la tecnologia simbolica dei saperi ancestrali.10

In una dimensione lata, buen vivir indica la vita in armonia con la collettività e con la natura, dove la sfera privata e quella comunitaria, e la sfera materiale e quella spirituale, sono concepite come interdipendenti. Nel sistema di pensiero andino il benessere è possibile solo all’interno della comunità e nel rispetto della Pacha Mama, ossia “tutto come Pacha”, il cosmo spazio-temporale interconnesso nella sua totalità.11 L’idea di sviluppo rappresenta la modalità occidentale per una vita buona, che comprende il vivere meglio; buen vivir è la modalità andina, che contempla l’esistenza armoniosa. Nel Plan Nacional para el Buen Vivir 2009-2013 dell’Ecuador il termine esprime “la soddisfazione delle necessità, il raggiungimento di una qualità di vita e di morte dignitosa, l’amare e l’essere amati, il fiorire sano di tutte le persone, in pace e in armonia con la natura, e il prolungamento indefinito delle culture umane”.12Buen vivir significa allora vivere una vita piena e dignitosa, un’esistenza armonica che include le dimensioni cognitiva, sociale, ambientale, economica, politica, culturale, del pari interrelate e interdipendenti.13

In quali modi la concezione andina del mondo entra nel tessuto normativo? Come si estrinseca la plurinazionalità volta all’inclusione dei gruppi emarginati? Che rilievo assume la visione cosmocentrica nel diritto ambientale? I tentativi di risposta si trovano nelle pagine che seguono. La ricerca è tesa a valutare le consonanze e le dissonanze fra Ecuador e Bolivia e a definire i caratteri della tradizione giuridica celata dietro l’aspirazione della società al perseguimento del buen vivir, identificandone i valori essenziali.

IIIl diritto cosmopolitico subalterno

Le costituzioni di Ecuador e Bolivia sono situate nell’alveo del nuevo constitucionalismo, teoria associata alla messa in opera di processi costituenti per analizzare i nuovi testi alla luce della volontà del potere originario come fonte di legittimazione democratica.14 Le carte incluse in questa categoria presentano quattro caratteristiche formali: l’originalità, per il loro contenuto innovatore; l’ampiezza, per la notevole estensione dell’articolato costituzionale; la complessità istituzionale, espressa in un linguaggio accessibile; la rigidità, mediante la sostituzione del potere di revisione costituzionale con il potere costituente del popolo, attivabile in tutti i casi di riforma. Dal punto di vista sostanziale, le costituzioni prevedono meccanismi di partecipazione diretta; presentano estesi cataloghi dei diritti con chiara indicazione dei soggetti deboli (donne, bambini, anziani, disabili) e dei gruppi emarginati come i popoli indigeni; rafforzano la giustizia costituzionale; includono svariate disposizioni sull’economia per rispondere alle esigenze di eguaglianza sociale ed economica.15

Relativamente alla costituzionalizzazione del buen vivir, esso si presta a molteplici linee di analisi. Secondo Bagni è un aspetto significativo che identifica una nuova forma di Stato. Il c.d. Caring State considera i bisogni degli esseri umani in modo olistico, includendo anche aspetti emozionali e culturali derivanti dalla tradizione ancestrale, e rifiuta il modello neoliberale dominante.16 Carducci riconduce il buen vivir a sette categorie concettuali. La prima è quella della tradizione giuridica indigena. La seconda prospettiva riguarda la politica economica, proponendo una via alternativa allo sviluppo di tipo occidentale. E ancora, la cosmovisione andina sostituisce quella di matrice statunitense del nomos della Terra, prevalente nel Sud America, mediante un diverso modo di governare un paese; può collocarsi nella corrente del nuevo constitucionalismo latinoamericano; contrassegna una nuova semantica della costituzione, distinta dagli stilemi occidentali; riflette un sapere che si aggiunge a quello dei colonizzatori e che va considerato per fondare una epistemologia del Sud, basata sulla democratizzazione, la demercantilizzazione e la demistificazione per scongiurare l’uso di categorie occidentali; infine, il buen vivir indica il superamento della ragion di Stato economica.17

La presente indagine esamina il cambio valoriale che soggiace alla rifondazione degli ordinamenti ecuadoriano e boliviano utilizzando come chiave di lettura le riflessioni di de Sousa Santos sul diritto cosmopolitico subalterno. Oltre a chiarire il significato politico della costituzionalizza-zione dei valori ancestrali andini, lo schema teorico permette di valutare le riforme chiamando in causa i concetti di tradizione e di pluralismo giuridico. Il diritto cosmopolitico subalterno o degli oppressi è un progetto culturale, politico e sociale con all’interno un elemento giuridico. È dagli anni Settanta che alcuni movimenti propongono concezioni diverse dello sviluppo mondiale e lottano per contrastare gli esiti economici, politici e sociali della globalizzazione.18 Lo sfruttamento economico delle risorse naturali, in specie, incide in modo diseguale sulle condizioni di vita degli esseri umani, portando benefici solo a una piccola parte di essi. In questo modo si alimentano conflitti ecologico-distributivi o di giustizia ambientale.19 I movimenti indigeni partono da logiche pre-capitalistiche, antecedenti alla colonizzazione, per immaginare alternative post-capitalistiche. La globalizzazione contro-egemonica mette in discussione quella dominante neoliberale, fondata sul mercato non regolato come fonte di benessere e come standard rispetto al quale misurare tutte le altre alternative. La contro-egemonia ruota attorno alla redistribuzione di risorse materiali e anche culturali e simboliche, difendendo tali idee a livello politico e giuridico.

Il diritto che voglia proporsi con successo in un contesto contro-egemonico deve sottostare a una profonda revisione, riconducibile a due profili. Il primo aspetto comprende la ricerca delle tradizioni giuridiche non egemoniche per valutare se sia possibile il loro impiego nelle lotte avverso il neoliberismo. La tradizione è un’opera di rappresentazione del reale basata su un insieme di dati appresi in precedenza.20 Essa sottende la volontà di ricordare attraverso la contemporaneità che situa la memoria nel presente.21 Nell’ambito degli studi giuscomparati, le tradizioni giuridiche affiancano e talvolta sostituiscono le categorie più risalenti di famiglie e sistemi giuridici. Il loro utilizzo consente di riflettere sul fenomeno diritto dal punto di vista storico e culturale emancipandosi dai confini statali e facendo leva sulla mentalità e sui valori.22 La tradizione più antica, quella indigena o ctonia, si presta bene all’uso in un contesto contro-egemonico. Non è un caso se il fulcro dei movimenti ecologisti di tutto il mondo ruoti attorno alla cultura ancestrale, atta a rivalutare il rapporto con l’ambiente.23 Alle attuali pretese dei popoli autoctoni sul diritto alla terra si aggiunge l’aspirazione comune alla concezione della terra e dell’acqua come beni non mercificabili: una visione che assume il rapporto uomo-natura come simbiotico e si distanzia dalla logica capitalistica.24

Il secondo profilo del diritto cosmopolitico subalterno implica la ricerca degli elementi che consentano l’uso contro-egemonico di uno strumento egemonico come il diritto, ad esempio con atti di disobbedienza civile, scioperi, manifestazioni di piazza, azioni dimostrative rivolte ai media. A un livello più profondo, la legalità cosmopolita si estrinseca nel pluralismo giuridico. Soltanto le forme di pluralismo che contribuiscono alla riduzione della disparità nelle relazioni di potere, diminuendo l’esclusione sociale o elevando la qualità dell’inclusione, sono reputate manifestazione della pluralità giuridica cosmopolita. La visione classica del pluralismo giuridico sottende la compresenza nello stesso ambito di più centri di produzione del diritto,25 legati al territorio (da cui il pluralismo istituzionale e pure sovranazionale), alle diversità etnico-culturali (con un pluralismo giuridico che dà risalto alle regole dei vari gruppi sociali), senza scordare le forme di pluralismo giuridico non ufficiali ma tollerate e finanche quelle in aperto contrasto col diritto statale. I diversi centri di produzione delle regole sono intesi come entità separate coesistenti nello stesso spazio politico, dove l’ente statale è gerarchicamente sovraordinato agli altri. L’elaborazione post-moderna del pluralismo delinea invece un sistema di interlegalità, ossia di fonti giuridiche plurali autonome ma assiologicamente interdipendenti che operano simultaneamente, interagiscono e si intersecano senza che vi sia un effettivo coordinamento.26 La riduzione della diseguaglianza nelle relazioni di potere si può perseguire mediante il riconoscimento di diritti ai gruppi storicamente emarginati e ufficializzando le loro fonti giuridiche, nonché mediante l’ampliamento del ventaglio di istituti di democrazia deliberativa e diretta, onde consentire una partecipazione più ampia e assidua di tutti alla presa delle decisioni che investono la società.

La rifondazione di Ecuador e Bolivia è situabile nell’ottica del diritto cosmopolitico subalterno. L’attuale affermazione del buen vivir è collegata all’esigenza delle organizzazioni non governative di rendere il termine desarrollo negli idiomi autoctoni, un concetto che non ha corrispettivo nella dimensione indigena, dove l’ideale è dato dalla comprensione che tutti gli esseri viventi sono parte della Pacha Mama e in essa si completano.27 I movimenti sociali iniziarono a richiamarsi alla cosmovisione negli anni Novanta. L’intento era di contestare le riforme economiche neoliberiste esprimendo l’impegno verso la decolonizzazione e il rafforzamento delle identità culturali, in primo luogo mediante il controllo del territorio nel rispetto delle consuetudini locali. A essere messo in discussione non è il progresso della tecnica moderna, quanto il fondamento ontologico del vivere assieme, che comprende sia la comunità sia l’ambiente circostante. In quest’ottica buen vivir è un termine polisemico. Da un lato indica le reazioni critiche alla teoria classica dello sviluppo lineare propria del mondo occidentale. Dall’altro lato sottende una piattaforma politica per la costruzione di alternative allo sviluppo, in linea col pensiero dei popoli andini.28 Il buen vivir anela a una nuova configurazione del “metabolismo sociale”.29 L’espressione designa il rapporto fra natura e società in termini di processo co-evolutivo, in cui entrambe interagiscono nel tempo e non è possibile comprendere l’una senza l’altra, essendo integrate.30 Data la loro componente emancipatrice, i valori ancestrali sono basilari per ripensare il metabolismo sociale all’interno di un approccio olistico, dove le riforme economiche devono essere congiunte all’equità distributiva, alle diversità etnico-culturali e alla salvaguardia ambientale minacciata da opere che incidono in modo negativo pure sullo stile di vita legato ai cicli della na-tura.31

Il rispetto delle tradizioni locali e di pratiche ecologicamente sostenibili si riflette anche nelle rivendicazioni per la sovranità alimentare, che sottendono il diritto dei popoli a cibi nutritivi e culturalmente adeguati e accessibili, e il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo. La sovranità alimentare implica un cambio notevole nel sistema economico e sociale, col fine di demolire quelle strutture di potere che impediscono il libero accesso alle risorse naturali alle popolazioni indigene e ai piccoli coltivatori, di smantellare le barriere che determinano condizioni inique nel sistema rurale, e di garantire la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali sul tema. Il portato contro-egemonico di tale idea, contemplata in ambedue le costituzioni andine,32 è evidente, aspirando a sottrarre il controllo del c.d. food system alle multinazionali alimentari e alla Organizzazione mondiale del commercio (WTO) e a restituire alla sovranità statale anche quella componente che riguarda il governo del cibo.

Plurinazionalità e interculturalità sono ulteriori tratti caratterizzanti dei rifondati sistemi giuridici. Il valore assegnato al pluralismo si riflette a livello giuridico nella istituzione di Stati plurinazionali, riconoscendo pari dignità a tutte le componenti etniche. E tramite l’interculturalità si ambisce a decostruire le strategie politiche, culturali ed epistemologiche dominanti, che emarginano i popoli indigeni, e a sviluppare metodi volti a decolonizzare e a desubalternizzare tali paesi.

Il buen vivir è una narrazione contro-egemonica, frutto della periferia sociale a sua volta inglobata nella periferia del mondo.33 È un prodotto culturale assurto a tradizione. Giova allora indagare sulle modalità dell’in-veramento giuridico della cosmovisione andina per valutare come si radichi nel tessuto costituzionale, quantunque le tradizioni non necessitino di essere esplicitate a livello normativo per garantirne la solidità.34

IIILe caratteristiche delle tradizioni e la tradizione giuridica contro-egemonica

La tradizione include credenze di ogni tipo: oggetti materiali, immagini di persone ed eventi, pratiche e istituzioni, monumenti, paesaggi, prodotti artistici e letterali, ecc. Le tradizioni sono normative in quanto hanno l’intento di produrre accettazione. È la normatività che determina la trasmissione ripetuta di dati da una generazione all’altra.35 La tradizione è una componente della memoria culturale. Ogni cultura sviluppa una “struttura connettiva”, ossia la memoria culturale, data da tre elementi: il ricordo (riferimento al passato), l’identità (immaginativa politica) e la perpetuazione culturale (il costituirsi della tradizione). La struttura connettiva istituisce collegamenti e vincoli nella dimensione sociale e in quella temporale, fissando le basi dell’identità comunitaria. La dimensione sociale, o normativa, lega gli individui creando uno spazio comune di esperienze che conferisce fiducia e orientamento e che forgia il concetto di giustizia. L’aspetto temporale, o narrativo, lega il passato al presente, mantenendo attuali i ricordi.36

Secondo Krygier le tradizioni presentano quattro caratteristiche. L’appartenenza al passato implica che ogni tradizione ha avuto origine, o coloro che la condividono credono abbia avuto origine, in un passato remoto. La contemporaneità indica invece che una pratica o una credenza tradizionali, per quanto provenienti da un passato reale o immaginato, devono compenetrare il presente. In altri termini, la tradizione ha una significatività attuale. La terza caratteristica riguarda la continuità, ossia la trasmissione delle tradizioni, le quali non possono essere dissotterrate da un passato discontinuo rispetto al presente. La tradizione deve essere, o si deve pensare che sia, passata attraverso generazioni intermedie. Da ciò discende la quarta caratteristica: le tradizioni sono di natura necessariamente sociale. Le abitudini e le usanze possono nascere e vivere nel comportamento di un solo individuo, le tradizioni no.37

Ulteriore aspetto del fenomeno in esame riguarda il “tipo di tradizio-nalità”. Il concetto non rinvia al contenuto, che può essere infinitamente vario. Esso fa leva sugli elementi che accomunano e differenziano le tradizioni. Oltre a quelle di primo grado, che includono conoscenze, leggende, simboli, ecc. veramente trasmessi, esistono una serie di tradizioni di secondo grado, di atteggiamento critico e argomentativo nei confronti delle prime. Le tradizioni di secondo grado, se hanno una natura conservatrice possono imporre il rispetto di quelle di primo grado, mentre se sono iconoclaste possono rifiutarle. Le tradizioni attinenti alla validità, all’autorità e ai precedenti nei sistemi giuridici e religiosi sono tradizioni di secondo grado. Un’ulteriore tratto differenziale porta a distinguere le tradizioni semplici, ossia composte da pochi elementi, da quelle complesse, composte da molti elementi in rapporto articolato fra loro, tra le quali si possono annoverare le tradizioni giuridiche.38

La tradizione, in quanto parte della cultura trasmessa in modo intenzionale e consapevole di generazione in generazione, richiede cure particolari per non cadere nell’oblio delle abitudini, che appartengono a quel fondo di sapere a cui facciamo ricorso in modo automatico senza interrogarci sul loro contenuto in termini di valore. Fra i motivi che agiscono nel trasformare gli elementi culturali in tradizioni si annovera la minaccia della perdita di tratti reputati di valore. Non a caso, la genesi di una tradizione avviene sovente in un contesto conflittuale che vede i suoi difensori opposti agli “innovatori”.39 I nuovi inizi si presentano sempre sotto la forma di una ripresa del passato, ricostruito per rendere accessibile il futuro.40 Del resto, è noto che il potere usa legittimarsi facendo ricorso al valore della tradizione.41

Anderson e Hobsbawn, con il concetto di comunità immaginate il primo e di invenzione della tradizione il secondo, hanno ridisegnato il rapporto tra formazione dell’identità nazionale e memoria storica. Per Anderson le comunità immaginate (nazionali) derivano dalla diffusione della stampa e dalla secolarizzazione. La stampa ha un rilievo decisivo sulla possibilità di tramandare con esattezza i testi e dunque le loro informazioni, non più esposte a un rapido processo di corruzione.42 Lo sviluppo della produzione di libri e giornali iniziato nel XVII secolo raggiunse la sua massima efficacia nell’Ottocento con la scolarizzazione di massa. In parallelo, la progressiva secolarizzazione del mondo determinò la fine dell’idea di salvazione divina. Gli individui, indi concepiti come legati fra loro dalla medesima lingua grazie alla diffusione della stampa, ancorarono la loro identità collettiva non più a un disegno divino, bensì alla comunità nazionale.43 Hobsbawm, dal canto suo, definisce inventata la tradizione che racchiude un insieme di pratiche, in genere regolate da norme apertamente o tacitamente accettate, e dotate di una natura rituale o simbolica, che si propongono di inculcare determinati valori e norme di comportamento ripetitive nelle quali è automaticamente implicita la continuità con il passato. Si tratta di risposte a circostanze nuove che assumono la forma di riferimenti a situazioni antiche. Per esemplificare il concetto si possono ricordare le tre tipologie di tradizioni inventate emerse dopo la rivoluzione industriale, distinte in base al ruolo rivestito e fra loro parzialmente sovrapponibili. Si tratta delle tradizioni che fissano o simboleggiano la coesione sociale o l’appartenenza a gruppi o comunità; che fondano o legittimano un’istituzione, uno status, un rapporto di autorità; che sono finalizzate alla socializzazione, a inculcare credenze, sistemi di valore e convenzioni di com-portamento.44 La tradizione va distinta dalla consuetudine. Se esiste un “modo tradizionale di fare le cose”, la tradizione sta nel modo di farle; la consuetudine consiste nel fare tali cose, essa è il risultato della tradizione.45

Il richiamo all’invenzione non sottende necessariamente la nascita di un qualcosa che prima non esisteva. Esso serve piuttosto a indicare il processo mediante il quale viene raggiunta una versione univoca della tradizione, privilegiando alcuni percorsi a scapito di altri.46 La scelta degli eventi da escludere dal processo di sedimentazione che forgia la memoria culturale rappresenta un esercizio di potere.47 Il passato a cui si riferisce la tradizione non è dunque necessariamente il passato storico. Molte volte le tradizioni sono meno profonde di quanto si pensi, oppure diverse nell’origine o nel loro sviluppo. Le società primitive, emblema del rispetto delle tradizioni, veicolano il passato con la sola trasmissione orale. Esso dipende dalla memoria e dalla conversazione, non dalla scrittura. Quello che viene dimenticato è perduto per sempre, come ciò che appare inopportuno, escluso in base al processo di amnesia strutturale, per cui alcune informazioni non vengono tramandate per ridurre al minimo le incompatibilità fra il tempo trascorso e il tempo presente. In questo modo viene inventato un passato più congeniale alla comunità.48

Essendo la selezione delle informazioni sul passato una caratteristica di fondo di tutte le tradizioni,49 ne discende che sono tutte inventate in maggiore o minore misura. L’invenzione implica l’idea che individuare e selezionare i dati sia di per sé una pratica arbitraria in quanto soggettiva, non assimilabile alla mera trasmissione di elementi. Ciò che importa non è la verità del fatto, bensì la verità del ricordo che determina l’«anacro-nismo essenziale» delle tradizioni.50 Individui e tradizioni culturali sono parte di una complessiva memoria dell’umanità. Nella dimensione della memoria, epoche e culture si stratificano le une sulle altre e possono, come reminiscenze, riemergere e venire nuovamente collegate.51

Negli studi sulle tradizioni giuridiche, l’obiettivo precipuo è quello di individuare le loro varie componenti e le relative combinazioni, nonché la teoria che dà un senso coerente e legittima l’intreccio da cui scaturisce una tradizione.52 La tradizione giuridica simboleggia un complesso di atteggiamenti profondamente radicati e condizionati dalla storia, relativi alla natura del diritto e al suo ruolo nella società, nonché all’organizzazione e al funzionamento di un sistema giuridico, e al modo in cui il diritto deve essere fatto, applicato, studiato, perfezionato e pensato. In questo senso, la tradizione pone il sistema giuridico in una prospettiva culturale.53

Con riguardo al loro contenuto, gli aspetti caratterizzanti delle tradizioni giuridiche fanno rinvio ai paradigmi di giustizia e di armonia o equilibrio.54 La tradizione indigena è emersa perché l’esperienza si è accumulata e la sua trasmissione orale e la memoria hanno fatto il loro lavoro. I popoli che la alimentano vivono in armonia con la natura e hanno una visione comunitaria della propria esistenza e delle risorse del territorio.55

II cambiamento non è frutto della volontà degli uomini: l’equilibrio non si governa, essendo natura. Nei rapporti fra singolo e natura, alle ingiustizie si rimedia ripristinando la natura. La tradizione di civil law si riferisce agli ordinamenti che trovano nel ceppo del diritto romano-germanico i principi fondamentali della loro struttura e si basano sull’opera della dottrina, dei “grandi” tribunali e sulla codificazione delle regole. Diversamente, la tradizione di common law, sorta dall’esperienza inglese, assegna un ruolo privilegiato al diritto giurisprudenziale.56 In ambedue le tradizioni, l’equilibrio si instaura fra gli uomini e il cambiamento è governato dagli individui, legittimati da Dio e/o dagli altri individui. Solamente le tradizioni di matrice occidentale trasformano il rapporto fra giustizia e armonia in un rapporto fra giustizia e sviluppo, in quanto considerano l’umanità in termini di storia e non in termini di natura. Nei rapporti fra individui, alle ingiustizie, intese come casi di contrasto fra soggetti, si rimedia ripristinando la legittimità del rapporto fra gli individui stessi.

Queste tre tradizioni sono presenti nella raffigurazione standard dell’America Latina. Sin dall’epoca coloniale esiste una pluralità di fonti molto articolata, nel corso del tempo ulteriormente sottoposta a influenze di varia provenienza. In specie, del diritto continentale europeo in ambito privatistico e di quello statunitense nella sfera pubblicistica, e con un unico tratto veramente originale, individuato nelle consuetudini locali di origine ctonia.57 Effetto della coesistenza di più tradizioni nel medesimo contesto spazio-temporale è il pluralismo giuridico. Esso sorge laddove i valori dei diversi gruppi si traducono in regole di comportamento, norme che possono essere anche contrastanti fra un sistema e l’altro. A causa di tale ibridazione giuridica, l’area ha storicamente assunto i contorni di una periferia del centro europeo. Sembra ora affiorare con nitidezza una tradizione giuridica propriamente latinoamericana. La sua originalità risiede nel tentativo di limitare la diffusione dei modelli statunitensi mediante il recupero della dimensione sociale e la valorizzazione del crittotipo autoctono, ricollegandosi al costituzionalismo progressista di matrice francese. Un’ulteriore tendenza, più radicale, che determina una identità latinoamericana “meticcia”, si nota nelle ricostruzioni in cui l’elemento locale è servente ai processi di globalizzazione contro-egemonica che combattono le diseguaglianze, rivendicando forme di redistribuzione sociale nonché politiche di riconoscimento della diversità.58 Ecuador e Bolivia aderiscono a questo secondo orientamento.

Gli antropologi avvertono che il concetto di sumak kawsay (e le sue varianti traduttive) non ha precedenti storici nelle comunità andine. Per questo motivo si sostiene che sia una tradizione inventata, l’elaborazione di una risposta a tempi di crisi, a epoche di rapido cambiamento sociale, e dove il rinvio al passato serve a legittimare le scelte politiche.59 I richiami al buen vivir appaiono un’operazione delle élites indigene per coagulare il consenso elettorale attorno a un manifesto politico. Attingendo alla filosofia di vita delle comunità autoctone, alcune rappresentazioni vengono rielaborate e riproposte in uno schema unitario. La costruzione giuridica del concetto si avvale inoltre degli apporti accademici, delle teorie ambientaliste, ecofemministe e altre ancora.60 Il conferimento del nomen (suma qamaña, sumak kawsay, buen vivir o vivir bien) dà valore all’impianto intellettuale e celebra il passaggio dai grezzi dati sociali a un fenomeno riconosciuto e radicato nel reale, presente e anche passato. Corollari del buen vivir sono la giustizia sociale, la solidarietà comunitaria, la democrazia partecipativa, la plurinazionalità e l’interculturalismo, la sovranità alimentare, il valore dei beni comuni e dell’economia plurale, nonché il rafforzamento della tutela dell’ambiente, aspetti che permeano le nuove costituzioni.

Le tradizioni nascono e muoiono: tutte sorgono a un certo punto e tutte sono destinate a scomparire. Un esempio di tradizione istantanea è la tradizione giuridica nazionale, emersa dalla fondazione di uno Stato. Svariati paesi sono di recente istituzione; di conseguenza, possono esserlo anche le loro tradizioni. Più recente è una tradizione, più fragili sono le sue fondamenta, in quanto è probabile che goda di minore sostegno rispetto a una oramai consolidata.61 Solo il tempo svela se una tradizione riuscirà a consolidarsi o meno, in quest’ultimo caso perdendo il senso della contemporaneità con il passato.62

IVLe declinazioni costituzionali della cosmovisione andina

Una volta sussunta in costituzione, la tradizione produce delle conseguenze, come offrire la giustificazione per adottare o rifiutare un determinato regime giuridico a seconda dei valori che vi si riflettono o del modello sociale che promuove.63 La costituzionalizzazione del paradigma andino esalta un insieme di valori reputati essenziali per dare vita a una nuova forma di convivenza atta a modificare la struttura politica, sociale, giuridica, economica e culturale di Ecuador e Bolivia.

Le due costituzioni contengono numerosi riferimenti al buen vivir e ai suoi sinonimi, a partire dai preamboli. Nell’esordio ecuadoriano si afferma la volontà di costruire “una nuova forma di convivenza cittadina, nella diversità e in armonia con la natura, per perseguire il buen vivir, il sumak kawsay”. Nel prologo boliviano si legge che il nuovo Stato si fonda su “il rispetto e l’eguaglianza fra tutti, i principi di sovranità, dignità, complementarietà, solidarietà, armonia ed equità nella distribuzione e redistribuzione del prodotto sociale, dove predomina la ricerca del vivir bien”. Tali richiami sembrano echeggiare la ricerca della felicità rinvenibile in alcune costituzioni settecentesche europee64 e nella dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti. Come si è però chiarito, il buen vivir non si ispira alla tradizione occidentale.

Nell’articolato la cosmovisione andina si estrinseca in tre modalità differenti. Il buen vivir è innanzi tutto un principio normativo. In subordine esso è inteso come un principio orientativo delle politiche pubbliche. Infine, il testo boliviano contempla le cosmovisioni dei popoli autoctoni in termini generici.

Quanto al primo aspetto, nella costituzione dell’Ecuador il capitolo II del titolo II è dedicato ai diritti del buen vivir (artt. 12-34), suddiviso in sezioni relative a: acqua e alimentazione; ambiente sano; comunicazione e informazione; cultura e scienza; educazione; ambiente e abitazione; salute; lavoro e sicurezza sociale. Si tratta dei diritti reputati fondamentali per perseguire lo sviluppo integrale delle capacità e potenzialità delle persone.65 Il buen vivir non sottende un mero disegno programmatico. Esso impone precisi obblighi allo Stato e responsabilità in capo ai singoli e alle comunità, concretizzandosi in un principio normativo che permea la sfera dei diritti e che consente la loro interpretazione e applicazione.66 Il lunghissimo catalogo dei diritti inserito nel titolo II (artt. 10-83)67 si apre con il capitolo I relativo ai principi di applicazione dei diritti (artt. 10-11). L’art. 11, c. 6, cost. afferma che tutti i principi e i diritti sono inalienabili, irrinunciabili, interdipendenti e di eguale gerarchia.68 Da ciò si arguisce che i diritti del buen vivir, sebbene collocati in apertura di costituzione, non godono di una posizione privilegiata rispetto agli altri.

La genealogia dei diritti storicamente affermatasi ha giustificato a lungo, e in svariati ordinamenti tuttora giustifica, una supremazia dei diritti civili sulle pretese sociali. L’enunciato di cui al comma 6 dell’art. 11 cost. sancisce l’importanza dei diritti sociali, e non solo quelli, nella costruzione di una società più giusta. La corte costituzionale ecuadoriana si è espressa in termini chiari sul sumak kawsay, definendolo parte della struttura dell’ordinamento su cui si fonda il progetto statale di condurre la società al buen vivir. Esso è basato sul mantenimento dell’equilibrio fra l’essere umano, le risorse naturali e lo sviluppo, in un quadro di razionalità e di bilanciamento. A tale fine lo Stato garantisce ai suoi abitanti l’accesso ai diritti costituzionali e in particolare costituisce il quadro dei diritti economici, sociali e culturali che non sono intesi come mera enunciazione dichiarativa, bensì come un tutto che deve portare alla loro realizzazione, e dove lo Stato ha un ruolo da protagonista.69

L’intento di rivalutare pretese mai attuate o marginali nelle politiche pubbliche va di pari passo con l’assiologia dei valori, il cui presupposto è riconducibile alla dignità. Tale concetto è menzionato più volte nella costituzione ecuadoriana sin dal preambolo, riferito a singoli e gruppi. Non è espresso in termini di principio o di diritto,70 bensì è definito come il punto da cui possono derivare altri diritti rispetto a quelli già riconosciuti, necessari alla piena realizzazione degli individui, comunità, popoli e nazionalità (art. 11, c. 7). La tutela della dignità richiede un’equa distribuzione delle risorse disponibili, in modo da non privare soggetti o gruppi del godimento di beni e servizi primari, senza i quali la vita non è più dignito-sa.71 Sebbene tutti i diritti siano di pari grado, è altrettanto vero che alcuni sono più essenziali di altri per la sopravvivenza e la vita dignitosa, ed essi ricadono nell’alveo del buen vivir. Tale categoria sembra comprendere due tipi di pretese, rappresentazioni della dignità umana con funzioni diverse. Da un lato, diritti quali acqua, cibo, alloggio, ossia quelle pretese che identificano un nucleo essenziale e non sono sottoponibili a bilanciamento perché si risolvono nella dignità umana quale punto di partenza, ove la dignità stessa è la bilancia.72 Dall’altro lato, diritti volti allo sviluppo armonico della persona, come il diritto alle attività ricreative e a praticare sport (ex art. 24), che mirano alla libera costruzione dell’identità individuale e sono sottoponibili a bilanciamento. Nel loro insieme, hanno il fine di garantire l’equilibrio per vivere appieno l’esistenza; detto con altre parole, perseguire il sumak kawsay.

Anche la costituzione boliviana contempla un esteso elenco di diritti. Esso si apre affermando che i diritti sono inviolabili, universali, interdipendenti, indivisibili e progressivi, e che la classificazione proposta non determina né gerarchia né superiorità di alcuni diritti sugli altri (art. 13, c. 1 e c. 3). Merita segnalare che la bozza originaria della costituzione era più innovativa rispetto al testo vigente, e per certi aspetti era più affine alla costituzione ecuadoriana. Essa prevedeva una distinzione fra diritti fon-damentalissimi (alla vita, all’integrità fisica, all’alimentazione e all’accesso all’acqua, alla casa, all’educazione, alla sanità) e altri fondamentali. La ratio era quella di esprimere una reale parità fra i diritti, in modo da eliminare qualsiasi gerarchia che potesse giustificare le pretese sociali come diritti a tutela affievolita, e di imporre un obbligo di azione prioritaria allo Stato in ambiti volti a eliminare la povertà.73 L’attuale Titolo II: Diritti fondamentali e garanzie (artt. 13-107) perpetua invece uno schema ben rodato.74

Il vivir bien è anteposto al catalogo, inserito nel Titolo I, Capitolo II, dedicato ai principi, valori e fini dello Stato. Mentre il riferimento ai principi rispecchia il linguaggio giuridico di matrice occidentale, il richiamo ai valori si radica nella cultura nativa; la loro soddisfazione è uno dei compiti principali dell’ordinamento.75 L’art. 8, c. 1, cost. afferma che lo Stato assume e promuove come principi etico-morali della società plurale ama qhilla, ama llulla, ama suwa (non essere pigro, non mentire, non rubare). Vengono inoltre enunciati i principi etico-morali suma qamaña (buen vivir), ñandereko (promuovere la vita armoniosa), teko kavi (vivere la vita buona), ivi maraei (preservare una terra senza il male) e qhapaj ñan (procedere per un cammino di vita degna e nobile), i quali implicano la soddisfazione condivisa delle necessità umane includendo l’affettività e il riconoscimento in armonia con la natura e con la collettività, come precisato nel decreto supremo nr. 29894 del 2009, Estructura Organizativa del Órgano Ejecutivo del Estado Plurina-cional de Bolivia.76 Il secondo comma dell’art. 8 cost. elenca i valori fondanti dello Stato, finalizzati al vivir bien, ossia “unità, eguaglianza, inclusione, dignità, libertà, solidarietà, reciprocità, rispetto, complementarietà, armonia, trasparenza, equilibrio, eguaglianza di opportunità, equità sociale e di genere nella partecipazione, benessere comune, responsabilità, giustizia sociale, distribuzione e redistribuzione dei prodotti e dei beni sociali”. I principi di cui all’art. 8 si riflettono nell’articolato sotto forma di obblighi per lo Stato, per i cittadini e per le comunità indigene.77

Nella prassi, il tribunale costituzionale plurinazionale78 ha già iniziato a svolgere una traslitterazione semantica dei valori indigeni in principi normativi statali. L’esegesi fornita di vivir bien è riconducibile a una vita dignitosa, una componente del diritto alla vita che impone obblighi positivi allo Stato,79 e altrove si afferma che il diritto alla vita si interpreta in conformità con i principi di dignità e del vivir bien.80 Viene da chiedersi se la corte costituzionale della Colombia, che ha incorporato il termine vivir bien nella dignità umana quale diritto a un minimo vitale, abbia influenzato siffatta interpretazione.81 Anche secondo Bazán il vivir bien rappresenta un forte impegno giuridico e assiologico a soddisfare le condizioni minime che garantiscono una vita dignitosa, quali l’accesso all’acqua, il lavoro, l’educazione, l’assistenza sanitaria e l’abitazione.82 I giudici boliviani non si limitano a questa sola prospettiva.

In altre pronunce il collegio segnala come lo Stato confidi di superare la struttura di stampo colonialista sancendo principi che sono l’essenza del pensiero collettivo radicato nelle nazioni e nei popoli indigeni. Tale asserto è riproposto in numerose sentenze quale richiamo alla lotta alla corruzione, una piaga del paese specie nell’ambito giudiziario. In svariate decisioni si sottolinea che l’obiettivo statale del vivir bien impone di rendere giustizia certa, imparziale, trasparente, accessibile, equa, veloce, congrua e senza dilazioni,83 ricordando che i valori della giustizia e dell’eguaglianza sono consustanziali al valore del vivir bien e parte del contenuto essenziale di tutti i diritti fondamentali.84 Un ulteriore esempio di apertura interculturale è offerto da ama quilla (non essere pigro, ex art. 8, c. 1, cost.), concetto interpretato come equivalente funzionale della diligenza,85 gerarchicamente pariordinato al principio di giustizia ordinaria della celerità che sottende un agire rapido, veloce e diligente.86

Il buen vivir è anche inteso come principio orientativo delle politiche pubbliche che impone obblighi allo Stato. Nella costituzione ecuadoriana un primo riferimento si trova contenuto all’art. 3 che enuncia i doveri fondamentali dello Stato. Il p.to 5 indica che la pianificazione dello sviluppo nazionale, lo sradicamento della povertà, la promozione dello sviluppo sostenibile e l’equa redistribuzione delle risorse e della ricchezza, sono finalizzati a consentire il buen vivir. Il concetto viene ripreso e ampliato nel Titolo VI sul regime dello sviluppo (artt. 275-339). Con una visione olistica, lo sviluppo è inteso come l’insieme organizzato, sostenibile e dinamico dei sistemi economico, politico, socio-culturale e ambientale, che garantiscono la realizzazione del buen vivir. In particolare, il c. 3 dell’art. 275 afferma che il buen vivir richiede che le persone, le comunità, i popoli e le nazionalità godano effettivamente dei loro diritti, ed esercitino le loro responsabilità nel quadro dell’interculturalità, del rispetto delle diversità e della convivenza armonica con la natura. Si evince una diversa impostazione che non ruota solo attorno al singolo, bensì anche alle collettività, per puntare al bene comune,87 come si nota chiaramente nel Titolo VII dedicato al regime del buen vivir, ripartito nel Capitolo I: Inclusione ed equità (artt. 340-394)88 e nel Capitolo II: Biodiversità e risorse naturali (artt. 395-415),89 in cui si manifestano le priorità politiche dell’Ecuador. Ulteriori riferimenti alla cosmovisione andina sono sparsi nel testo costituzionale. All’art. 74 si riconosce alle persone, alle comunità, ai popoli e alle nazionalità il diritto di beneficiare dell’ambiente e delle risorse naturali che permetta il buen vivir. L’art. 83 enuncia i doveri e le responsabilità delle ecuadoriane e degli ecuadoriani. Al c. 2 si contemplano i valori andini ama killa, ama llulla, ama shwa (non essere pigro, non mentire, non rubare, in analogia al testo boliviano), e al c. 7 si indicano la promozione del bene comune e l’interesse generale anteposto al particolare, in conformità al buen vivir. L’art. 85 dedicato alla politica pubblica e ai beni e ai servizi pubblici afferma che saranno orientati a rendere effettivo il buen vivir e tutti i diritti, e saranno formulati a partire dal principio di solidarietà. L’art. 97 sulle organizzazioni stabilisce che potranno esercitare i compiti stabiliti dalla legge e prendere tutte le iniziative che contribuiscano al buen vivir. Gli artt. 250 e 258, rispettivamente sulle province amazzoniche e la provincia di Galapagos, affermano che la pianificazione di questi territori sarà svolta nel rispetto del buen vivir.

Con riguardo alla Bolivia, la concezione etico-morale del vivir bien è integrata da altri disposti costituzionali, inseriti nel contesto educativo e dell’organizzazione economica dello Stato, che danno conto della dimensione olistica della filosofia andina. L’art. 80 orienta l’educazione alla formazione individuale e collettiva, allo sviluppo delle competenze e attitudini fisiche e intellettuali, alla conservazione e alla protezione dell’ambiente, alla biodiversità e al territorio al fine del vivir bien. L’art. 306 afferma che il modello economico è plurale ed è orientato al miglioramento della qualità della vita e al vivir bien di tutti. Nello specifico, l’economia sociale e quella comunitaria (ossia delle comunità autoctone) integrano l’interesse individuale con il vivir bien delle boliviane e dei boliviani (infra, § V). Le molteplici dimensioni del vivir bien rientrano pure nello schema dell’organizzazione economica volto a eliminare la povertà e l’esclusione sociale ed economica, come indicato all’art. 313 cost. Si nota qui che gli estensori della costituzione non negano il proposito dello sviluppo produttivo industriale delle risorse naturali (p.to 5), bensì lo contestualizzano all’interno di altri propositi.90

Infine, nella costituzione boliviana si fanno riferimenti generici alle cosmovisioni. L’art. 4 dispone il rispetto e la garanzia della libertà di religione e delle credenze spirituali, secondo le rispettive cosmovisioni. Il cambio di prospettiva è radicale non solo per l’inclusione delle concezioni indigene del mondo, bensì in quanto la religione cattolica apostolica romana cessa di essere la religione ufficiale dello Stato. Nell’art. 30, che apre il Capitolo IV dedicato ai diritti delle nazioni e dei popoli indigeni originari contadini, la cosmovisione è menzionata più volte. Nel comma 1 si offre una definizione unitaria di queste due categorie di gruppi, intese come tutta la collettività umana che condivide identità culturale, lingua, tradizione storica, istituzioni, territorio e cosmovisione, la cui esistenza è anteriore all’invasione coloniale spagnola. Nell’elenco dei diritti si enuncia il diritto dei popoli indigeni all’identità culturale e alle credenze e pratiche ancestrali (c. 2): al p.to 13 si legge che il sistema sanitario universale e gratuito rispetta la cosmovisione e le pratiche tradizionali e al p.to 14 si sancisce l’esercizio da parte delle comunità indigene dei sistemi politici, giuridici ed economici in accordo con la loro cosmovisione. Alla Sezione

III, denominata Culture, l’art. 98 riconosce la diversità culturale e precisa, al c. 2, che lo Stato considererà una risorsa l’esistenza delle culture indigene originarie contadine, depositarie di saperi, conoscenze, valori, spiritualità e cosmovisioni. E l’art. 100 afferma che le cosmovisioni, i miti, la storia orale, le danze, le pratiche culturali, i saperi e le tecnologie tradizionali sono patrimonio delle nazioni e dei popoli indigeni originari contadini. Questo patrimonio è parte dell’espressione e dell’identità dello Stato. Si può ritenere che tali disposti aprano la strada a una effettiva protezione delle cosmovisioni, essendo sussunte nell’ambito della libertà religiosa, dei diritti culturali, della medicina tradizionale, del pluralismo politico, giuridico ed economico.

VLa fondazione di Stati plurinazionali

La legalità cosmopolita, che sottende l’inclusione di tutte le componenti sociali nella sfera pubblica, in Ecuador e Bolivia si invera primariamente nella fondazione di Stati plurinazionali. In Ecuador, l’art. 1 cost. qualifica lo Stato “costituzionale di diritto e giustizia, sociale, democratico, sovrano, indipendente, unitario, interculturale, plurinazionale e laico. Ha una forma repubblicana e decentralizzata”. La Bolivia, da parte sua, si proclama “Stato unitario sociale di diritto plurinazionale comunitario, libero, indipendente, sovrano, democratico, interculturale, decentralizzato e con autonomie” (art. 1 cost.).

La locuzione “unitario sociale di diritto plurinazionale comunitario” è non a caso priva di segni di punteggiatura. Essa esprime un principio meta-complesso, dove questi elementi sono complementari fra loro e di pari importanza.91 Il pluralismo è declinato in modo diverso nei due testi fondamentali. L’unico riferimento nella costituzione ecuadoriana si rinviene all’art. 57, p.to 15, laddove si riconosce ai gruppi etnici il diritto a istituire e mantenere organizzazioni che li rappresentino nel quadro del rispetto del pluralismo. In Bolivia si afferma che lo Stato si fonda sulla pluralità e il pluralismo politico, economico, giuridico, culturale e linguistico (art. 1 cost.).Le antecedenti costituzioni riconoscevano l’esistenza di società mul-tietniche e pluriculturali. Ora sono gli Stati stessi a essere plurinazionali. È una modalità istituzionale che ambisce a incorporare i gruppi storicamente emarginati. Si tratta del sistema prescelto per sradicare il colonialismo e porre sullo stesso piano di eguaglianza i popoli che coesistono sul territorio, nessuno essendo superiore agli altri.92 La plurinazionalità comporta pratiche differenziate della democrazia. La giustizia indigena, ad esempio, offre alle comunità un modo per risolvere i conflitti al loro interno e per prevenire i contrasti mediante sanzioni morali e simboliche, a partire dai valori etnici locali.93 L’origine del termine risale agli anni Settanta, su proposta di un etnografo russo. Il concetto si inserì nel dibattito delle organizzazioni indigene e venne preferito a etnia, popolo o cultura in quanto rappresentava tali genti nel modo migliore, dotandoli di una dignità e di una proiezione verso il riconoscimento sociale che gli altri vocaboli non riuscivano a rendere.94 L’interculturalità, altra espressione che si rinviene nei due testi, indica il processo basato sul diritto alla coesistenza pacifica, sul riconoscimento e sul mutuo rispetto fra tutte le nazionalità, i popoli e gli altri settori sociali, in condizioni di eguaglianza. Essa si fonda sulla relazione, comunicazione e apprendimento permanente fra le persone e le comunità di saperi, valori, tradizioni e logiche distinte, per favorire il pieno sviluppo delle capacità dei singoli e dei gruppi, rompendo con lo schema egemonico di una cultura dominante e altre subordinate.95

I gruppi che ricevono riconoscimento costituzionale sono identificati in comunità, popoli e nazionalità indigene, nel popolo afroecuadoriano e nel popolo montubio in Ecuador (art. 56 cost.) e nelle nazioni e nei popoli indigeni originari contadini in Bolivia (art. 30, c. 1, cost.). Relativamente alla tutela delle lingue autoctone, in Ecuador il sistema previgente sanciva che quechua, shuar e gli altri idiomi ancestrali erano di uso ufficiale fra quegli stessi popoli (art. 1 cost. 1998). Nella attuale formulazione, oltre a ribadire che il castigliano è l’idioma ufficiale del paese, le lingue autoctone più diffuse, ossia quechua96 e shuar, assurgono a uno status paritario con il castigliano nelle relazioni interculturali (art. 2, c. 2), mentre prima solo quest’ultimo era veicolo in tali rapporti (art. 69 cost. 1998). L’ordinamento boliviano riconosce come lingue ufficiali dello Stato il castigliano e tutti i trentasei idiomi delle nazioni e dei popoli indigeni originari contadini;97

il governo centrale e i governi dei dipartimenti devono utilizzare almeno due lingue ufficiali, di cui una è il castigliano, mentre le altre entità devono utilizzare gli idiomi parlati nei loro territori e uno deve essere il castiglia-no (art. 5 cost.). Il disposto colma una lacuna del sistema previgente, che menzionava solo la garanzia delle lingue dei popoli indigeni all’art. 171 cost. senza lo status di coufficialità.

La costituzione ecuadoriana, all’art. 57, riconosce ai gruppi minoritari il diritto di mantenere, sviluppare e rafforzare la loro identità, il senso di appartenenza, le tradizioni ancestrali e le forme di organizzazione sociale (p.to 1); nonché a esercitare l’autorità sui territori legalmente riconosciuti e sulle terre comunitarie (p.to 9). Tali popoli sono inoltre autorizzati a costituire circoscrizioni territoriali per preservare la loro cultura secondo la procedura stabilita dalla legge (art. 60). I nativi possono applicare il diritto ancestrale, con il limite del rispetto dei diritti costituzionali, in particolare i diritti delle donne, dei bambini e degli adolescenti (art. 57, p.to 10). L’art. 171 cost. dedicato alla giurisdizione indigena specifica che le autorità esecitano le funzioni giurisdizionali basate sulle tradizioni ancestrali e il diritto nel loro ambito territoriale, con la garanzia riconosciuta alle donne di partecipare e decidere. Le norme e i procedimenti per la soluzione dei conflitti interni non possono essere contrarie alla costituzione e ai diritti umani riconosciuti nei trattati internazionali. I profili problematici che emergono su questo versante riguardano il ritaglio delle circoscrizioni, non ancora definito in via normativa e in molti casi non realizzabile per la convivenza sul medesimo territorio di nativi e meticci;98 e i meccanismi di coordinamento e cooperazione fra la giustizia indigena e quella ordinaria, demandati a una legge non ancora approvata.99

Con riferimento alla Bolivia, alle nazioni e ai popoli indigeni originari contadini è garantita la libera determinazione, che consiste nel diritto all’autonomia, all’autogoverno, alla cultura, al riconoscimento delle istituzioni e al consolidamento delle entità territoriali, in conformità alla costituzione e alla legge (art. 2 cost.).100 L’ordinamento è composto da dipartimenti, province, municipi e territori indigeni originari contadini (art. 269), gerarchicamente parificati (art. 276 cost.). Alle autonomie sono affidati compiti di amministrazione delle risorse economiche e di esercizio della potestà legislativa, regolamentare, fiscale ed esecutiva nei rispettivi ambiti competenziali (art. 272). La legislazione e la giurisdizione indigene sono parificate rispettivamente alla legislazione e alla giurisdizione dello Stato (artt. 410, c. 2, p.to 3; 179, c. 2).101 Ai sensi dell’art. 30, c. 2, p.to 14, cost., l’esercizio dei sistemi politici, giuridici ed economici indigeni incontra il limite del rispetto della cosmovisione, oltre al limite della conformità a costituzione e del rispetto dell’unità statale. Inoltre, la giurisdizione indigena è tenuta al rispetto del diritto alla vita, del diritto alla difesa e degli altri diritti e garanzie stabiliti in costituzione (art. 190, c. 2). L’alta percentuale di nativi agevola il consolidamento dei territori indigeni. Per quanto riguarda la legge di disciplina dei meccanismi di coordinamento e cooperazione fra le giurisdizioni, invece, essa risulta lesiva e restrittiva dell’autonomia giudiziaria locale.102

La giustizia comunitaria, d’altra parte, è l’unica istanza realmente idonea a preservare i sistemi economici indigeni, vale a dire un certo modo di concepire la proprietà, gestire il territorio e organizzare la vita economica, secondo principi ora racchiusi nel buen vivir.103 La costituzione ecuadoriana delinea una struttura economica di tipo sociale e solidale, volta a una relazione dinamica ed equilibrata fra la società, lo Stato e il mercato, in armonia con la natura (art. 283). Mentre l’economia sociale enfatizza la partecipazione democratica dei lavoratori e la distribuzione equa del reddito da lavoro, la solidarietà viene eletta a principio economico per ridimensionare il peso della competitività e della produttività.104 L’art. 319 cost. individua varie forme di organizzazione della produzione in ambito economico, “fra le quali la comunitaria, cooperativa, a impresa pubblica privata, associativa, familiare, domestica, autonoma e mista”, e si affida allo Stato il compito promuovere le modalità che assicurino il buen vivir e a disincentivare quelle che attentino ai diritti degli individui e della natura. Seguendo tale disegno, si contemplano norme sulla proprietà comunitaria indigena (artt. 57, c. 4, e 321 cost.), sull’uso delle risorse naturali che si trovino nei loro territori (art. 57, c. 5, cost.), e anche sulla partecipazione comunitaria nella gestione dell’educazione, della sanità e dell’ambiente (artt. 348, c. 2; 342; 395, c. 3, cost.), ambiti nei quali si sviluppano pratiche di solidarietà. Pure in Bolivia si riconoscono diverse forme di organizzazione economica: pubblica, privata, sociale cooperativa e comunitaria. Il loro obiettivo è di generare lavoro dignitoso, eliminare le diseguaglianze e sradicare la povertà, nel rispetto della tutela dell’ambiente (artt. 306 e 312, c. 2 e 3, cost.). L’economia delle comunità indigene è la forma che viene disciplinata più estesamente nella costituzione. L’art. 307 cost. afferma che lo Stato riconosce, rispetta, tutela e promuove l’organizzazione economica comunitaria, che comprende i sistemi di produzione e riproduzione della vita sociale fondati sui principi e le visioni proprie delle nazioni e dei popoli indigeni originari contadini. L’art. 47, c. 3, impone allo Stato il dovere di tutelare, promuovere e rafforzare le forme comunitarie di produzione, e l’art. 336 sancisce il sostegno statale alle organizzazioni comunitarie affinché abbiano i requisiti per accedere a crediti e a finanziamenti. La proprietà terriera delle comunità indigene viene riconosciuta agli artt. 393-395 cost.

Con riferimento ai diritti di partecipazione, essenziali per garantire il massimo grado di democraticità e di inclusione, la costituzione ecuadoriana si sofferma sul tema in più punti, in analogia alle disposizioni del testo previgente. L’art. 1, c. 2, enuncia che la sovranità appartiene al popolo e si esercita mediante gli organi del potere pubblico e le forme di partecipazione diretta previste nella costituzione, mentre il Capitolo V sancisce 1 diritti di partecipazione (artt. 61-65). Il Titolo IV dedicato alla Partecipazione e organizzazione del potere si apre all’art. 95 ponendo i cittadini al centro delle attività democratiche. Questi, in forma individuale e collettiva, partecipano de manera protagónica nella presa delle decisioni, nella pianificazione e gestione della cosa pubblica. La disposizione menziona i meccanismi di democrazia rappresentativa, diretta e comunitaria mediante cui perseguire l’obiettivo di un processo permanente di costruzione del potere della cittadinanza. Apre a un ventaglio di possibilità partecipative l’art. 97 cost., disponendo inter alia che tutte le organizzazioni potranno sviluppare forme alternative di mediazione e soluzione dei conflitti, formulare proposte e rivendicazioni economiche, politiche, ambientali, sociali e culturali, e altre iniziative che contribuiscano al buen vivir. Pure l’art. 100 cost. può essere letto in quest’ottica, laddove dispone che a tutti i livelli di governo si formino istanze di partecipazione composte da autorità elette, rappresentanti dei lavoratori dipendenti e rappresentanti della società dell’ambito territoriale di ogni livello di governo. Le finalità pre-viste105 lasciano supporre spazi di apertura alle delibere pubbliche, come si segnala nell’ultimo alinea, dove si prevede l’organizzazione di incontri pubblici, l’istituzione di organismi di controllo, assemblee, consigli consultivi, osservatori e altre iniziative promosse dalla cittadinanza. Agli istituti della consulta popolare e della revoca del mandato (artt. 104 e 105 cost.), già normati in precedenza, ora si aggiungono l’iniziativa legislativa popolare e il referendum (artt. 103 e 106 cost.).

È doveroso segnalare che in Bolivia il sistema previgente contemplava solo il principio rappresentativo. Ora viene menzionato espressamente anche l’esercizio in via diretta della sovranità popolare (art. 7). In analogia al testo ecuadoriano, vengono poi sancite le forme di democrazia partecipativa, rappresentativa e comunitaria (art. 11 cost.). La democrazia diretta e la democrazia partecipativa si esercitano mediante gli istituti del referendum, iniziativa legislativa popolare, revoca del mandato, assemblea,cabildo e consultazione preventiva. Le assemblee e i cabildos106 hanno natura deliberativa (art. 11, c. 2, cost.). La democrazia comunitaria si esercita tramite elezione, designazione o nomina delle autorità e dei rappresentanti delle nazioni e dei popoli indigeni originari contadini (art. 11, c. 3, cost.). Il Titolo VI: Partecipazione e controllo sociale (artt. 241-242 cost.) statuisce che il popolo, per mezzo della società civile organizzata, partecipa al disegno delle politiche pubbliche e al controllo della gestione degli affari pubblici a tutti i livelli di governo e nelle imprese pubbliche, a partecipazione mista e in quelle private che amministrino risorse fiscali. L’art. 398 cost. contempla la consultazione in materia ambientale, con il fine di coinvolgere le popolazioni interessate nelle scelte statali che riguardino l’ecosistema. In caso di opposizione al progetto, la decisione finale spetta all’autorità amministrativa competente, che deve debitamente motivare la propria risoluzione.

Con riguardo ai diritti di partecipazione espressamente riconosciuti alle comunità autoctone, nel rispetto della Convenzione ILO 169 sui diritti dei popoli indigeni e tribali del 1989, in Ecuador i popoli indigeni hanno il diritto di essere consultati preventivamente, in modo libero e informato ed entro termini ragionevoli, sui piani e i programmi inerenti le risorse non rinnovabili presenti nei loro territori e che possano incidere sull’ambiente o sulla loro cultura. Se tramite la consultazione non si ottiene il consenso della comunità, si procede secondo quanto stabilito dalla costituzione e dalla legge (art. 57, p.to 7, cost.). In mancanza di regole attuative sulle modalità per la consulta, sui criteri di identificazione dei popoli indigeni e sui loro enti rappresentativi, questo diritto non è ancora effettivamente tutelato.107 Analogamente, la costituzione boliviana prescrive che i popoli indigeni hanno il diritto di essere consultati mediante procedimenti appropriati, in particolare attraverso le loro istituzioni, ogni qualvolta siano previste misure legislative o amministrative che li riguardino. In tale quadro, è garantito il diritto alla consultazione preventiva obbligatoria relativa allo sfruttamento di risorse naturali non rinnovabili nei loro territori (art. 30, p.to 15, cost.). Tuttavia, tali previsioni appaiono alquanto illusorie in caso di progetti che incidano sull’ambiente e sul sistema di vita autoctono, come nel caso Tipnis del 2011, relativo all’autorizzazione della costruzione di una strada attraverso il parco nazionale Isiboro Sécure, senza rispettare l’obbligo di consulta preventiva dei popoli indigeni residenti nell’area e in difetto dell’analisi di impatto ambientale. A seguito delle proteste degli ecologisti e delle azioni giudiziali promosse, il presidente Morales concordò una soluzione con le comunità interessate, in osservanza di quanto stabilito dal tribunale costituzionale plurinazio-nale.108 Anche l’attuale ambizioso progetto nazionale di estrazione di litio non è stato preceduto da consultazioni con le popolazioni locali.109 Ai sensi dell’art. 316 cost., lo Stato detiene la direzione e il controllo dei settori strategici dell’economia. L’interrogativo che ne consegue è se i diritti di partecipazione e di controllo sociale in tali settori abbiano validità e prima ancora se siano esercitabili. La costituzione è silente sul punto e i primi segnali non sono incoraggianti.

VILa natura da oggetto a soggetto titolare di diritti

La salvaguardia costituzionale dell’ambiente può avvenire secondo distinte modalità: mediante norme programmatiche che riconoscono l’ecosistema come oggetto di tutela di futuri interventi dello Stato; come riconoscimento di un vero e proprio diritto fondamentale; come parte integrante di altri diritti, ad esempio la salute, o del principio di dignità umana.110 Nelle costituzioni di Ecuador e Bolivia l’ambiente si configura come diritto prestazionale legato alle condizioni di vita del singolo individuo. Inoltre, in Ecuador è concepito alla stregua di elemento restrittivo del diritto a sviluppare attività economiche (che devono essere conformi alla responsabilità ambientale e sociale e al principio di solidarietà, ex art. 66, p.to 15, cost.) e del diritto alla proprietà privata, che assomma funzioni di ordine sociale e ambientale, del pari all’uso e all’accesso alla terra (artt. 66, p.to 26, e 282 cost.). In Bolivia, la funzione ambientale (e sociale e culturale) è riconosciuta alle risorse idriche, che non possono essere oggetto di appropriazione privata né di concessione (art. 373, c. 2, cost.), e alle aree protette che costituiscono un bene comune (art. 385 cost.).

A ciò si aggiunge un nuovo capitolo nella storia del diritto, in quanto l’ecosistema da oggetto diviene soggetto titolare di situazioni giuridiche.111 Conferire diritti alla natura significa riconoscere che gli ecosistemi e le comunità naturali non sono solo beni mercificabili, proprietà di cui si può disporre in qualsivoglia modo. Essi sono entità con un autonomo diritto di esistere e di prosperare.

”Sarebbe più appropriato se il prologo di qualsiasi Costituzione fondatrice promulgata dagli esseri umani esprimesse fin dalle prime righe il chiaro riconoscimento del fatto che la nostra esistenza e il nostro benessere dipendono dal benessere della più ampia Comunità Terra”. L’auspicio di Berry,112 il fondatore della Earth Jurisprudence, teoria giuridica che propugna il riconoscimento dei diritti della natura,113 si è realizzato in Ecuador e Bolivia. Nel preambolo della costituzione ecuadoriana si celebra la natura —e anche la Pacha Mama, in ossequio alla cosmovisione andina— vitale all’esistenza e di cui tutti sono parte, con la volontà di costruire una nuova forma di cittadinanza in armonia con l’ambiente, un disegno espresso nei termini di “un profondo compromesso con il presente e il futuro”. Quanto alla Bolivia, il preambolo costituzionale proclama la fondazione dello Stato con la forza della Pacha Mama e rendendo grazie a Dio.

In Ecuador la “virata biocentrica” si compie all’art. 10, c. 2, cost., sancendo la natura quale soggetto dei diritti che le riconosce la costituzione. Diritti che, ai sensi dell’art. 11, c. 6, cost. già richiamato supra al § IV, sono posti sullo stesso piano dei diritti degli esseri umani. Il tema ambientale rileva nel Capitolo II: Diritti del buen vivir nel suo significato giuridico più comune, ossia come diritto a un ambiente salubre ed ecologicamente equilibrato, dove lo Stato ha il compito di preservare l’ambiente e gli ecosistemi, e di prevenire i danni ambientali e di recuperare i terreni naturali degradati (art. 14 cost.). Le specifiche pretese della natura sono contemplate al Capitolo VII: Diritti della natura (artt. 71-74 cost.). L’art. 71 afferma che

La natura o Pacha Mama, dove si riproduce e si realizza la vita, ha diritto al rispetto integrale della sua esistenza e al mantenimento e alla rigenerazione dei suoi cicli vitali, della sua struttura, delle sue funzioni e dei suoi processi evolutivi. Tutte le persone, comunità, popoli o nazionalità potranno richiedere alle autorità pubbliche la piena applicazione dei diritti della natura”.114 Il successivo art. 72 statuisce che “La natura ha diritto al ripristino. Il ripristino sarà indipendente dall’obbligo dello Stato e delle persone fisiche e giuridiche a risarcire i singoli o i gruppi che dipendano dai sistemi naturali danneggiati.

Questo comporta il reintegro dei sistemi di vita degradati, danneggiati o contaminati dallo sviluppo umano e dalle attività industriali al loro stato originario. Il diritto al ripristino (derecho a la restauración) viene considerato come la novità più significativa nei paesi andini; è un diritto indipendente dall’obbligo di indennizzare o risarcire le persone che hanno subito danni diretti dall’evento.115 Tale previsione è parallela alla conseguenza di non prevedere alcun tipo di risarcimento per i soggetti che si facciano promotori di una causa giudiziale ex art. 71 cost. L’unica beneficiaria sarà, nel caso, la natura. Ciò non significa che l’approccio classico alla protezione ambientale sia abbandonato. Gli individui lesionati possono salvaguardare i loro interessi utilizzando altri strumenti rimediali. Difatti, la dimensione biocentrica convive con quella antropocentrica nel testo costituzionale, lasciando supporre che il loro ambito di intervento sia identico, solo affrontato da punti di vista speculari. La visione biocentrica usa il linguaggio dei diritti, quella individualistica usa il linguaggio dei doveri e degli obblighi.116

In Bolivia, il Capitolo V della costituzione disciplina i diritti sociali ed economici. Allontanandosi dallo schema predominante, la Sezione I esordisce proprio con due articoli dedicati al diritto ambientale. “Tutti hanno diritto a vivere in un ambiente salubre, protetto ed equilibrato. L’esercizio di questo diritto deve consentire ai singoli e alle collettività della presente generazione e di quelle future, e anche agli altri esseri viventi, di svilupparsi in modo regolare e permanente” (art. 33). La struttura del disposto, che segue lo schema tipico del diritto ambientale, lascia intrav-vedere il cambio di prospettiva che apre la strada al riconoscimento dei diritti della natura. La nuova impostazione si coglie, all’art. 33 cost., dal riferimento agli altri esseri viventi, a cui si riconoscono diritti.117 La tipologia delle pretese rivendicabili da madre terra non è però desumibile dal testo fondamentale. A differenza dell’Ecuador, dove alla natura è attribuita una sfera di posizioni soggettive in via costituzionale e di immediata esigibilità, nell’ordinamento boliviano i diritti sono riconosciuti solo attraverso disposizioni di rango ordinario. Lo statuto giuridico della natura si rinviene nella legge nr. 71 del 21 dicembre 2010 (Ley de derechos de la Madre Tierra). L’elenco ricalca la Dichiarazione universale dei diritti di Madre Terra, sottoscritta nell’ambito della Conferencia Mundial de los Pueblos sobre el Cambio Climático y los Derechos de la Madre Tierra svoltasi in Bolivia nell’aprile del 2010.118

Con riguardo alla rappresentanza in giudizio per salvaguardare i diritti della natura, in Ecuador l’accesso alla garanzia processuale a favore di madre terra è riconosciuto a chiunque, ai sensi dell’art. 71 cost. Nel 2011 è stata resa la prima sentenza penale relativa al fiume Vilcabamba.119 Dopo il rigetto della causa in prima istanza, i giudici di secondo grado accolgono le rimostranze dei ricorrenti contro la decisione del governo provinciale di Loja di ampliare una strada, con ripercussioni sull’ecosistema. Il profilo della legittimazione attiva degli attori, due cittadini di origine statunitense residenti nella zona e danneggiati da opere edilizie, non viene neppure considerato, dato che essi esercitano il “principio di giurisdizione universale” a favore del natura. Il passaggio della sentenza conferma in questo modo la lettura estensiva del disposto costituzionale che delinea una actio popularis a tutela dell’ambiente e smentisce l’art. 9 della Ley Orgánica de Garantías Jurisdiccionales y Control Constitucional del 2009, laddove dispone che possano sollevare una acción de protección solo soggetti o gruppi lesionati o minacciati di lesione.120 Il collegio statuisce che l’azione di protezione di cui all’art. 88 cost.121 è l’unico rimedio processuale idoneo ed efficace per porre fine e rimediare prontamente a un danno ambientale. Stabilisce inoltre che il principio di precauzione ex art. 73 cost. va interpretato in termini di probabilità, e non di certezza del danno; che il criterio per stabilire i danni alla natura è la portata intergenerazionale, ossia quei danni che per la loro ampiezza si ripercuotono anche sulle generazioni future; che l’onere della prova relativo alla dimostrazione dell’impatto ambientale spetta alla controparte in osservanza dell’art. 397, c. 1, cost.; che il bilanciamento di interessi contrastanti (come il diritto della natura vs. il diritto allo sviluppo) va risolto applicando il principio di proporzionalità (e segnalando che sovente si tratta di conflitti apparenti, come nel caso di specie, in quanto i diritti della natura sono concorrenti con i diritti umani fondamentali quali il diritto alla salute, alla vita degna e a vivere in un ambiente sano). In finale, la corte impone l’ampliamento della strada nel rispetto dei diritti della natura e della normativa sull’ambiente.122

Nell’ordinamento boliviano, la rappresentanza in giudizio, affidata a chiunque, è espressamente contemplata all’art. 34 cost.: “qualsiasi persona, a titolo individuale o in rappresentanza di una collettività, può promuovere azioni legali a salvaguardia dell’ambiente Anche coloro che non siano direttamente minacciati o danneggiati, del pari a quanto previsto nella costituzione ecuadoriana, possono richiedere l’intervento di natura giudiziale, amministrativa o costituzionale. Il rimedio previsto è la acción popular, nuovo istituto mutuato dall’esperienza colombiana, esercita-bile contro gli atti o le omissioni delle autorità o dei singoli o delle collettività, che violino o minaccino di violare i diritti e gli interessi collettivi, fra i quali è compreso l’ambiente (art. 135 cost.).123 Tuttavia, l’art. 39, c. II, della Ley Marco de la Madre Tierra y desarrollo integral para Vivir Bien, nr. 300 del 15 ottobre 2012, statuisce che solamente chi dimostri un interesse diretto nella causa possa agire a difesa dei diritti della natura, configurando una situazione di incostituzionalità.124 In questo schema non è previsto il risarcimento a esclusivo favore della natura, che è la caratteristica dell’azione giudiziale contemplata in Ecuador, dato che il rimedio boliviano è improntato alla salvaguardia ambientale nella sua declinazione classica.

Al di là dell’actio popularis che dovrebbe ampliare le possibilità di tutela dell’ambiente, è soprattutto la prassi a rendere problematica tale difesa, e10 statuto di Madre Terra ancora non riesce a modificare l’atteggiamento prevalente. In Ecuador, le autorità preposte non hanno dato esecuzione alla sentenza relativa ai diritti del fiume Vilcabamba, che imponeva 11 ripristino ecologico. Per questo motivo, i ricorrenti hanno presentato un’azione per inadempimento davanti alla corte costituzionale nel marzo 2012, non ancora decisa.125 Le ulteriori pronunce in materia hanno avuto esiti positivi solo nella causa richiedente misure cautelari con riguardo alla miniera abusiva Esmeraldas126 e nel caso relativo alla costruzione e sistemazione di una strada a Puerto Ayora, nelle Galápagos.127 Diversamente, il ricorso promosso contro il progetto Mirador, una vasta miniera a cielo aperto di interesse strategico per lo Stato, è stato rigettato nel 2013. Le associazioni ricorrenti hanno dichiarato di voler adire la corte interamericana dei diritti umani per difendere i diritti della natura in sede interna-zionale.128 La lettera costituzionale sulla sovranità dello Stato sulle risorse naturali (art. 408) appare poi tradita dalla prassi amministrativa di dare concessioni per lo sfruttamento dei giacimenti di oro e rame alle multinazionali, che risultano proprietarie delle risorse.129 Ulteriore tensione fra il disegno contro-egemonico e il testo fondamentale si nota all’art. 407, che ammette eccezioni al divieto di attività estrattive di risorse non rinnovabili nelle aree protette e nelle zone dichiarate intangibili mediante provvedimento del capo dello Stato e previa dichiarazione di interesse nazionale del parlamento. Per converso, in diversi casi il presidente della Repubblica ha dichiarato lo stato di eccezione per motivi ambientali,130 fondando la legittimità dei provvedimenti sull’art. 14 cost. (diritto a un ambiente sa-no),131 e anche sugli artt. 71 e 73 cost. per bloccare il disboscamento di una foresta nativa.132 Quanto alla Bolivia, è d’uopo segnalare che l’approccio al riconoscimento dei diritti della natura, solo abbozzato nel testo costituzionale, potrebbe inverarsi in una ben distinta graduazione delle pretese a livello attuativo, suscettibile di variazioni legate alla discrezionalità del legislatore.

VIIConsiderazioni finali

Il vivir bien è un concetto in costruzione, da non confondersi con un ideale ritorno al passato, a un’epoca pre-coloniale. Esso è inteso come un valore della società, un traguardo di sostenibilità sociale, economica e ambientale a cui aspirare. Come non v’è una precisa traduzione letterale, così non v’è un unico modo per intendere il buen vivir in chiave giuridica. Le costituzioni di Ecuador e Bolivia sono silenti sull’aspetto definitorio. Dal raffronto comparato dei testi e dall’interpretazione delle corti costituzionali si evince che la cosmovisione assurge a principio normativo con tre distinte modalità interpretative. Quale nucleo essenziale che identifica il diritto a un minimo vitale e trascende nella dignità umana non passibile di bilanciamento in ambedue i paesi; quale sfera di diritti necessari a perseguire lo sviluppo integrale delle capacità e potenzialità delle persone in Ecuador; e come principio finalizzato a garantire la giustizia in Bolivia. Entrambi gli ordinamenti contemplano il buen vivir anche in veste di principio orientativo, sebbene con intensità diversa, più marcata in Ecuador. Infine, in Bolivia il concetto generico di cosmovisione rientra nello statuto giuridico delle collettività indigene, per cui la filosofia di vita andina potrebbe essere declinata in veste di diritto ove opportunamente interpretata, garantendo la salvaguardia delle concezioni autoctone del mondo quale manifestazione della diversità culturale.

Lo studio sul rafforzamento dell’inclusione sociale rivela una tutela costituzionale maggiore delle comunità autoctone da parte della Bolivia rispetto all’Ecuador. Un dato che può trovare almeno parziale giustificazione nella percentuale superiore di questi popoli sul territorio boliviano, anche se entrambi non hanno ancora attuato tutti i precetti dedicati ai nativi. La rifondazione di questi Stati si inserisce nel «constitucionalismo experimental», simbolo della rottura con il costituzionalismo eurocentrico incapace di porre fine alle forti diseguaglianze sociali. I nuovi assetti giuridici trovano legittimazione in meccanismi di natura partecipativa e interculturale, funzionali al dialogo fra tradizioni giuridiche diverse.133 La tipologia di strumenti partecipativi è ora ampliata, seguendo l’esempio di altre esperienze latinoamericane. Dal punto di vista formale, le componenti del diritto cosmopolitico subalterno si sono chiaramente manifestate in Ecuador e Bolivia.

Al contempo, si ravvisano incongruenze fra i postulati teorici della piattaforma politica contro-egemonica e le sue articolazioni concrete. Una critica che viene mossa al buen vivir come costituzionalizzato in Ecuador è che esso offre copertura solo ad alcuni diritti, riducendo in tale modo il contenuto della cosmovisione, quale interrelazione totale fra tutti i livelli e gli ambiti dell’esistenza.134 Ulteriore ambiguità discende dai disposti costituzionali, dalle sentenze e dalle elaborazioni dottrinali che fanno aperti richiami al concetto di sviluppo, così sconfessando la versione radicale del buen vivir quale alternativa all’idea stessa di sviluppo. Più verosimilmente, il buen vivir delinea un modello di convivenza sociale che prende atto della inscindibilità delle problematiche inclusive con quelle economiche ed ecologiche, tanto da riconoscere il sistema di vita dei gruppi autoctoni, sostituendo i criteri di economia di mercato, ricchezza, progresso, con altri valori, ossia il buen vivir, la solidarietà e la complementarietà.

La rinascita costituzionale ha comportato l’adesione a un modello garantista che ambisce alla sostenibilità socio-ambientale,135 aprendosi alla cittadinanza ecologica. Il richiamo alla cittadinanza sottende una sfera di diritti, e in questa sede vuole esprimere un passo in avanti rispetto all’atteggiamento generale sul punto, limitato da ragioni di carattere economico e da una base ontologica legata alla subordinazione della natura all’interesse degli individui.136 Alla crescita economica come obiettivo principale delle politiche pubbliche si vuole sostituire la migliore qualità della vita, sia per gli individui che per le comunità e per l’ambiente nel suo complesso. Da qui la previsione dei diritti della natura —disciplinati al di fuori della cornice del buen vivir— ove il legame diritti-responsabilità non si esaurisce nell’operato degli organi pubblici, estendendosi pure ai singoli e alle loro comunità, mediante la loro partecipazione alla gestione ambientale. Indiscutibile è il valore simbolico dell’operazione. Si tratta di un modo per affermare il rispetto della cultura indigena mediante la valorizzazione dell’ideale biocentrico nell’ottica dell’interculturalismo elevato a principio statale.137 Riconoscere la Pacha Mama significa inglobare integralmente la visione olistica nell’ordinamento. Ed è un modo per esprimere la rinnovata attenzione verso il degrado dell’ecosistema. La difesa dell’ambiente, già manifesto delle lotte contro-egemoniche,138 si rafforza. Il rispetto della natura è l’emblema che si contrappone al depauperamento delle risorse per soddisfare gli interessi economici. Le criticità emergono valutando la portata effettiva delle innovazioni legate al biocentrismo e al riconoscimento dei diritti della natura, che risultano ancora poco o nulla influenti sul piano giuridico. Circa le garanzie processuali, la legittimazione attiva riconosciuta a chiunque può prevedersi anche in paesi che seguono l’impostazione antropocentrica. Quanto alle pretese di Madre Terra (es. aria pura e vita libera da contaminazioni), esse appaiono ridondanti con il diritto dei singoli a vivere in un ambiente salubre, sebbene in Ecuador e Bolivia si potrebbe chiedere al giudice una valutazione delle lesioni della sfera giuridica della natura indipendentemente dalla qualità di vita degli individui in quel territorio.

La vera sfida di Ecuador e Bolivia sarà quella di mantenere le loro ambiziose promesse, a partire dalla redistribuzione del reddito e dalla gestione dell’economia verso un sistema di produzione e consumo post-capitalista, contrassegnato dal rispetto dei nuovi valori, che ruotano attorno all’effettività delle politiche sociali, ai diritti dei popoli autoctoni e alla tutela ambientale.

A dispetto delle difficoltà nella pratica attuazione, i tratti salienti del modello andino stanno già circolando al di fuori dell’area indagata. Dal punto di vista ambientale, la Dichiarazione universale dei diritti di Madre Terra è stata presentata alle Nazioni Unite ai fini della sua adozione. Nel 2013 la rinnovata Ley ambiental de protección a la Tierra en el Distrito Federal in Messico ha conferito ai cittadini la facoltà di fare valere i diritti della natura dinnanzi alle autorità preposte. La legge messicana fa riferimento alla cosmovisione dei popoli indigeni e concepisce la Terra come un sistema vivente dinamico nel quale tutte le componenti sono interconnesse. Ricalca fedelmente i diritti contemplati nella Ley de derechos de la Madre Tierra boliviana, solo che li converte in responsabilità degli abitanti del Distretto Federale (art. 86 bis 5).139 Ancora, l’Ecuador ha sottoposto al Parlamento latinoamericano il progetto di legge quadro dei diritti della natura, legge adottata prontamente nel 2013. L’obiettivo di questa iniziativa è di orientare le normative dei paesi aderenti verso la trasformazione istituzionale, economica, politica, sociale, culturale e ambientale che tenda al vivir bien, il modello civilizzatorio e culturale alternativo alla modernità e allo sviluppo indiscriminato. La legge quadro presuppone anche un cambiamento nel pensiero giuridico ed esige una trasformazione epistemologica che incorpori e aggiorni le conoscenze, le competenze e i saperi dei popoli ancestrali, integrati con le conoscenze ecologiche, tecnologiche e delle scienze multidisciplinari che si occupano della teoria della complessità, nonché delle teorie che criticano lo sviluppo indiscriminato e la modernità.140 Approcci non antropocentrici allo sviluppo sostenibile sono ora apertamente promossi dalle Nazioni Unite. Sotto la guida boliviana, il quarto dialogo interattivo svoltosi nel 2014 a margine dell’iniziativa Harmony with Nature ha avuto per oggetto l’esame delle caratteristiche di un nuovo paradigma, ecocentrico, e delle strategie che le società dovrebbero mettere in atto per adeguarsi a tale visione. Il concetto di armonia con la natura, in questa prospettiva, incorpora idee di approcci che considerano il valore intrinseco di ogni parte dell’ambiente e la necessità di realizzare un giusto bilanciamento fra i bisogni economici, sociali e ambientali delle generazioni presenti e future.141

L’emancipazione dal basso degli Stati andini ha fatto emergere la tradizione giuridica contro-egemonica, palesatasi a livello costituzionale. Nella teoria delle tradizioni, l’aspetto qualificante è dato dal valore che si attribuisce a qualche elemento rispetto ad altri. Una ricerca in quest’ambito è dunque una ricerca sui valori. Alle origini, l’identità giuridica latinoamericana comprende un insieme di elementi che talvolta sono organizzati intorno a valori come la persona umana, talaltra assumono una configurazione più marcatamente sociale.142 Nel contesto analizzato è possibile rilevare una sfumatura diversa di tale identità. I valori che la cosmovisione andina reca con sé hanno una spiccata impostazione sociale e discendono da due visioni integrate: quella umanistica, focalizzata sull’individuo e sulla sua inclusione nella comunità, e quella biocentrica, distinta dalla concezione antropocentrica. La significatività del passato nel presente della tradizione che si invera nel buen vivir risiede nell’idea olistica della vita che anela all’esistenza in armonia con la comunità e con la natura.

Nel medio periodo si dubita che questa tradizione giuridica riuscirà a radicarsi con vigore in Ecuador e Bolivia. Ciò nonostante, le nuove costituzioni rafforzano l’identità giuridica latinoamericana, viepiù originale e dunque lontana rispetto al centro europeo. Il meticciato non si ravvisa unicamente nel rapporto fra l’identità latinoamericana e le sue varianti andine, come segnalato al § III. A modesto avviso di chi scrive, la tradizione contro-egemonica che soggiace al buen vivir è meticcia per almeno altri due motivi. In primo luogo, le sue basi sono eterogenee in quanto provenienti da più sostrati culturali. Il contributo autoctono andino non è esclusivo, coniugandosi con molteplici apporti dottrinali e legali. Fra le righe delle rivendicazioni promosse a valori costituzionali si scorgono le riflessioni accademiche sull’equità distributiva, sui beni comuni, i postulati della Earth Jurisprudence, le rivendicazioni transnazionali per la sovranità alimentare, nonché le influenze delle convenzioni internazionali sull’ambiente, sullo sviluppo sostenibile e sui diritti delle popolazioni indigene. In secondo luogo, questa tradizione è meticcia in quanto passibile di adesione da parte di altri ordinamenti che si prefiggono di contrastare gli esiti perversi delle politiche neoliberiste.143 Anche al di fuori dell’area indagata sono visibili manifestazioni di lotte contro-egemoniche.144 Non è escluso che varianti del modello del buen vivir attecchiscano altrove, producendo nuovi innesti meticci.

Se si considera valido l’assunto per cui l’intero ordine globale della tradizione dipende da ciascuna singola opera, e la ridislocazione di un singolo elemento implica una revisione dell’ordinamento globale,145 si apre il dibattito sugli effetti dell’emersione di questa tradizione contro-egemonica, che compete con le altre tradizioni presenti nello stesso ambito per imporre il proprio modello di coesistenza comunitaria, di giustizia sociale e di sostenibilità ambientale.146 Competizione che è la mera trasfigurazione giuridica della lotta per il predominio da parte di alcuni gruppi su altri.147

Il presente lavoro rientra nel progetto di ricerca di ateneo “L’emersione di paradigmi di sviluppo sostenibile e solidale. Dall’America Latina qualche suggerimento per l’Europa?”, FRA 2012, Università degli Studi di Trieste, responsabile scientifico Serena Baldin.

Prof.ssa di Diritto pubblico comparato nell’Università degli Studi di Trieste, Italia.

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Acosta, Alberto, “El buen vivir en el camino del post-desarrollo. Una lectura desde la Constitución de Montecristi”, Policy Paper, núm. 9, 2010, http://cadtm.org/lMG/pdf/El_Buen_Vivir_en_el_camino_del_post-desarrollo-_Una_lectura_desde_la_Constitucion_de_Montecristi.pdf. In argomento, v. altresì Gudynas, Eduardo y Acosta, Alberto, “La renovación de la crítica al desarrollo y el buen vivir como alternativa”, Utopía y Praxis Latinoamericana, núm. 53, 2011, pp. 71 y ss.; Gudynas, Eduardo, “Buen vivir: today's tomorrow”, Development, núm. 54, 2011, pp. 441 y ss.; Hidalgo Flor, Francisco, “Buen vivir, Sumak Kawsay: aporte contrahegemónico del proceso andino”, Utopía y Praxis Latinoamericana, núm. 53, 2011, p. 88; Walsh, Catherine, “Development as Buen Vivir: Institutional arrangements and (de) colonial entanglements”, Development, núm. 53, 2010, pp. 15 y ss.

Jaria i Manzano, Jordi, “Si fuera sólo una cuestión de fe. Una crítica sobre el sentido y la utilidad del reconocimiento de derechos a la naturaleza en la Constitución del Ecuador”, Revista Chilena de Derecho y Ciencia Politica, núm. 1, 2013, p. 46.

Toledo, Víctor Manuel y González de Molina Navarro, Manuel Luis, “El metabolismo social: las relaciones entre la sociedad y la naturaleza”, en Garrido Peña, Francisco et al. (coord.), El paradigma ecológico en las ciencias sociales, Barcelona, Icaria, 2007, pp. 85 y ss.

Come la costruzione di dighe, le estrazioni petrolifere e minerarie, le coltivazioni OGM e la deforestazione. Escobar, Arturo,”Latin America at a crossroads”, Cultural Studies, núm. 1, 2010, pp. 39 y 40; Dávalos, Pablo, “Movimientos indígenas en América Latina: el derecho a la palabra”, en id. (ed.), Pueblos indígenas, Estado y democracia, Buenos Aires, CLACSO, 2006, pp. 17 y ss.; Bascopé Sanjinés, Iván (coord.), Lecciones aprendidas sobre consulta previa, La Paz, CEJIS, 2010, p. 23.

In Ecuador, ai sensi dell’art. 13 cost., le persone e le comunità hanno diritto all’accesso sicuro e permanente ad alimenti sani, sufficienti e nutritivi, con preferenza per quelli prodotti a livello locale e che rispecchiano le diverse identità e tradizioni culturali; lo Stato promuove la sovranità alimentare. Tale principio si ritrova enunciato poi all’art. 281 cost., che provvede a delineare il quadro delle responsabilità statali per renderne effettiva la realizzazione. Sull’uso e sull’accesso alla terra verte inoltre l’art. 282 cost., secondo cui lo Stato governa direttamente le politiche di accesso e di controllo delle terre coltivabili, fissando il divieto di latifondo e della concentrazione delle terre, nonché il divieto della privatizzazione dell’acqua. In Bolivia, l’art. 309 cost. sull’organizzazione economica statale fissa tra i suoi obiettivi anche quello della sovranità alimentare; e l’art. 375 cost. afferma che spetta allo Stato regolare la gestione e l’amministrazione delle risorse idriche per la sicurezza alimentare. Soprattutto, l’art. 407 cost. declina gli obiettivi della politica di sviluppo rurale collocando al primo posto la garanzia della sovranità e della sicurezzaalimentare, da soddisfare dando priorità alla produzione e al consumo di alimenti di origine locale. Sulle difficoltà nella fase di attuazione dei principi della sovranità alimentare, v. Giunta, Isabella, “Food sovereignty in Ecuador: peasant struggles and the challenge of institutionalization”, The Journal of Peasant Studies, núm. 6, 2014, pp. 1221 y s.; McKay, Ben y Nehring, Ryan, “The ‘State’ of Food Sovereignty in Latin America: Political Projects and Alternative Pathways in Venezuela, Ecuador, and Bolivia”, Conference Paper #57, 2013, en http://www.yale.edu/agrarianstudies/foodsovereignty/pprs/57_McKay_Nehring_2013.pdf.; Rinella, Angelo, “Food Sovereignty: processi di democratizzazione dei sistemi alimentari in America Latina”, en Baldin, Serena y Zago, Moreno (cur.), Le sfide della sostenibilità. Il buen vivir andino dalla prospettiva europea, Bologna, Filodiritto, 2014, pp. 219 y ss.

Hidalgo Flor, Francisco, “Buen vivir, Sumak...”, cit., pp. 86 y ss.; Farah H., Ivonne y Vasapollo, Luciano, “Introducción”, en id. (coords.), Vivir bien: (paradigma no capitalista?, La Paz, Plural, 2011, pp. 11 y ss.

Glenn, H. Patrick, Legal traditions of the world..., cit., p. 6.

Shils, Edward, Tradition, Chicago, University of Chicago Press, 1981, pp. 12, 23 y ss.

Assmann, Jan, La memoria culturale. Struttura, ricordo e identità politica nelle grandi civiltà antiche, Torino, Einaudi, 1997, p. XII.

Krygier, Martin, “Tipologia della tradizione”, Intersezioni. Rivista di Storia delle Idee, nùm. 2, 1985, pp. 224 y ss.

Ibidem, pp. 234 y ss.

Cavalli, Alessandro, “Tradizione”, Enciclopedia delle Scienze sociali, Roma, Treccani, vol. VIII, 1998, pp. 652 y 653.

In questo senso, Assmann, Jan, La memoria culturale..., cit., p. 8. Sul legame fra la rottura di una tradizione e la riscoperta del passato; altresì Assmann, Aleida, Ricordare. Forme e mutamenti della memoria culturale, Bologna, il Mulino, 2002, p. 61.

E anche al valore della razionalizzazione. Somma, Alessandro, “Giochi senza frontiere...”, cit., p. 176.

Krygier, Martin, “Tipologia della...”, cit., p. 228.

Anderson, Benedict, Comunità immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi, Roma, Manifestolibri, 1996.

Hobsbawm, Eric J., “Introduzione: Come si inventa una tradizione”, en Hobs-bawn, Eric J. y Ranger, Terence (cur.), L’invenzione della tradizione, Torino, Einaudi, 2002, pp. 3 y ss.

Glenn, H. Patrick, Legal Traditions of the World..., cit., pp. 13 y 14.

Marini, Giovanni, “La costruzione delle tradizioni giuridiche e il diritto latinoamericano”, Riv. Crit. Dir. Priv., nùm. 2, 2011, p. 185; Glenn, H. Patrick, Legal Traditions of the World., cit., pp. 17 y 18.

Assmann, Jan, La memoria culturale..., cit., p. 44; Costantini, Cristina, “Spazialità, geografie politiche e rappresentazioni giuridiche”, Pólemos, nùm. 1, 2010, p. 117.

Krygier, Martin, “Tipologia della...”, cit., pp. 226 y 227.

Somma, Alessandro, Tecniche e valori., cit., p. 164.

Monateri, Pier Giuseppe, Geopolitica del diritto..., cit., pp. 43 y 44.

Assmann, Aleida, Ricordare. Forme..., cit., p. 256.

Così Marini, Giovanni, “La costruzione delle tradizioni giuridiche...”, cit., p. 186.

Merryman, John Henry, La tradizione di civil law nell’analisi di un giurista di common law, Milano, Giuffrè, 1973, p. 9.

Carducci, Michele, Idee di giustizia e tradizioni giuridiche, 2012, http://works.bepress.com/michele_carducci/7.

Glenn, H. Patrick, Legal Traditions of the World..., cit., pp. 63 y ss.

Ibidem, pp. 133 y ss.

Si tratta di una raffigurazione molto schematica che, come segnala Somma, per certi aspetti è inesatta, obnubilando altre possibili influenze e originalità giuridiche. Amplius, Somma, Alessandro, “Le parole della modernizzazione latinoamericana...”, cit., pp. 1 y ss.

Marini, Giovanni, “La costruzione delle tradizioni giuridiche...”, cit., pp. 166 y ss.; Sousa Santos, Boaventura de, “Nuestra America: Reinventing a Subaltern Paradigm of Recognition and Redistribution”, RutgersLaw Rev., núm. 54, 2002, pp. 1049 y ss.

Uzeda Vásquez, Andrés, “Suma qamaña. Visiones indígenas y desarrollo”, pp. 1 y 2, http://www.bibliocomunidad.com/web/libros/Suma%20Qama%F1a%20visiones%20ind%E-Dgenas%20y%20desarrollo.pdf; Viola Recasens, Andreu, “Desarrollo, bienestar e identidad cultural: del desarrollismo etnocida al Sumak Kawsay en los Andes”, en Palenzuela, Pablo y Olivi, Alessandra (coords.), Etnicidad y desarrollo en los Andes, Sevilla, Universidad de Sevilla, 2011, p. 272.

Larrea Maldonado, Ana María, “El buen vivir como contrahegemonía en la Constitución ecuatoriana”, Utopía y Praxis Latinoamericana, núm. 53, 2011, p. 60; Peña, Lorenzo y Vásconez, Marcelo, “Los valores del ordenamiento jurídico en la nueva Constitución ecuatoriana: el buen vivir como principio rector de la convivencia ciudadana”, 2010, pp. 5 y ss., http://digitaLcsic.es/bitstream/10261/29061/1Aoluca10.pdf.

Glenn, H. Patrick, Legal Traditions of the World..., cit., p. 6; id., “La tradition juridique nationale”, cit., p. 263.

Monateri, Pier Giuseppe, Geopolitica del diritto..., cit., p. 43.

Marini, Giovanni, “Diritto e politica...”, cit., p. 40.

Luise, Fulvia de y Farinetti, Giuseppe, Storia della felicità. Gli antichi e i moderni, Torino, Einaudi, 2001, pp. 490 y ss.

Dávalos Gonzáles, Javier, “El derecho al ambiente sano en la nueva Constitución”, en Saavedra, Luis Ángel (ed.), .Nuevas instituciones del derecho constitucional ecuatoriano, Quito, INREDH, 2009, p. 115.

Silva Portero, Carolina, “¿Qué es el buen...”, cit., pp. 123 y ss.

Il Titolo II dedicato ai diritti prosegue con i diritti delle persone e dei gruppi ad attenzione prioritaria (artt. 35-55), con quelli delle comunità, popoli e nazionalità (artt. 56-60), i diritti di partecipazione (artt. 61-65), di libertà (artt. 66-70), della natura (artt. 71-74), di protezione (artt. 75-82) e le responsabilità (art. 83).

Tali principi trovano corrispondenza nelle carte internazionali. Nella Dichiarazione di Vienna sui diritti umani del 1993 si legge che “Tutti i diritti umani sono universali, indivisibili, interdipendenti e interconnessi. La comunità internazionale ha il dovere di trattarei diritti umani in modo globale e in maniera corretta ed equa, ponendoli su un piano di parità e valorizzandoli allo stesso modo” (art. 5).

Sent. nr. 0006-10-SEE-CC del 25 marzo 2010. Le sentenze sono reperibili nel repertorio elettronico della corte costituzionale all’url http://www.corteconstitucional.gob.ec/‘.

In prospettiva comparata, si interroga sulle diverse funzioni che può rivestire la dignità umana a seconda che sia enunciata come principio o come diritto Piciocchi, Cinzia, La dignità come rappresentazione giuridica della condizione umana, Padova, CEDAM, 2013.

Silvestri, Gaetano, “Considerazioni sul valore costituzionale della dignità della persona”, http://archivio.rivistaaic.it/dottrina/libertadiritti/silvestri.html.

Sul principio di dignità umana quale punto di partenza non soggetto a bilanciamento si rinvia a ibidem; Piciocchi, Cinzia, La dignità come..., cit., p. 242.

Storini, Claudia y Noguera, Albert, “Processo costituente e...”, cit., pp. 1286 y ss.

Il Capitolo I disciplina le disposizioni generali (artt. 13-14), seguito dal Capitolo II sui diritti fondamentali (artt. 15-20). Seguono poi i Capitoli dedicati ai diritti civili e politici (artt. 21-29), ai diritti delle nazioni e dei popoli indigeni originari contadini (art. 30-32), ai diritti sociali ed economici (artt. 33-76), all’educazione, all’interculturalità e ai diritti culturali (artt. 77-105), alla comunicazione sociale (artt. 106-107).

Martínez Dalmau, Rubén, “Plurinacionalidad y pueblos indígenas en las nuevas constituciones latinoamericanas”, en Pigrau Solé, Antoni (ed.), Pueblos indígenas, diversidad cultural y justicia ambiental. Un estudio de las nuevas constituciones de Ecuador y Bolivia, Valencia, Tirant Lo Blanch, 2013, p. 281.

La legislazione boliviana è reperibile all’url http://bolivia.infoleyes.com/index.php.

L’art. 9 impone allo Stato l’adempimento dei principi; l’art. 108 concepisce come dovere delle boliviane e dei boliviani la promozione e la diffusione nella prassi dei valori e dei principi costituzionali; l’art. 100 dispone l’applicazione dei principi e dei valori indigeni da parte delle autorità e degli organi giurisdizionali delle comunità autoctone.

Il tribunale costituzionale plurinazionale, i cui membri sono eletti dal popolo, è composto anche da giudici rappresentanti delle comunità indigene. In argomento, Rivera Santibáñez, José Antonio, “La justicia constitucional en el nuevo modelo de Estado boliviano”, en Bogdandy, Armin von et al. (coord.), La justicia constitucional y su internacionalización. ¿Hacia un ius constitucionale commune en América latina?, México, UNAM, 2010, vol. I, pp. 645 y ss.

Sent. 0257/2012 del 29 maggio. In relazione al diritto alla vita il tribunale costituzionale plurinazionale ha stabilito che El derecho a la vida consiste en el derecho a vivir, a permanecer con vida, a vivir bien o vivir con dignidad. V. altresì le sentt. 0176/2012 del 14 maggio; 0661/2013 del 31 maggio; 0683/2013 del 3 giugno. Le sentenze sono reperibili sul motore di ricerca del sito del tribunale, all’url http://www.tcpbolivia.bo/tcp/.

Nella sent. 1067/2013 del 16 luglio, si legge che: La importancia del derecho a la vida, deviene de su naturaleza primaria, pues se constituye en una condición del ejercicio de los demás derechos, por ello como todos los derechos subjetivos, debe interpretarse de conformidad con los principios de dignidad y el vivir bien.

Emblematica è la sent. cost. T-881 del 2002. In argomento si rinvia a García Jara-millo, Leonardo, “El neoconstitucionalismo en el contexto de la internacionalización del derecho. El caso colombiano”, Boletín Mexicano de Derecho Comparado, núm. 133, 2012, p. 112.

Bazán, Víctor, “Los derechos económicos, sociales y culturales como derechos fundamentales en la nueva Constitución Política del Estado Plurinacional de Bolivia”, p. 6, en http://econstitucional.com/ensayos/Derechos%20fundamentales%20V%20Baz%C3%A1n.pdf.

Ad esempio sentt. 0800/2013 dell’11 giugno; 0780/2013 del 10 giugno; 0783/2013 del 10 giugno; 0739/2013 del 7 giugno; 0674/2013 del 3 giugno.

Sent. 0736/2013 del 7 giugno.

Principio che devono osservare tutti gli individui e a maggior ragione i giudici, dai quali si deve esigere un atteggiamento diligente nell’amministrazione della giustizia, soprattutto quando incide sul vivir bien, così come sulla vita armoniosa (sent. 0846/2013 dell’11 giugno).

Sent. 0866/2013 del 20 giugno.

Bagni, Silvia, “Dal Wfzre...”, cit., pp. 19 y ss.

Il Capitolo I comprende le sezioni dedicate a: Educazione; Salute; Sicurezza sociale; Ambiente e alloggio; Cultura; Cultura fisica e tempo libero; Comunicazione sociale; Scienza, tecnologia, innovazione e saperi ancestrali; Gestione del rischio; Popolazione e mobilità umana; Sicurezza delle persone; Trasporti.

Il Capitolo II comprende le sezioni dedicate a: Natura e ambiente; Biodiversità; Patrimonio naturale ed ecosistemi; Risorse naturali; Suolo; Acqua; Biosfera, ecologia urbana ed energie alternative.

Fra i quali la creazione di prodotto sociale nel rispetto dei diritti individuali e dei diritti dei popoli e delle nazioni (p.to 1), la produzione, distribuzione e redistribuzione giusta della ricchezza e delle eccedenze economiche (p.to 2), la riduzione delle diseguaglianze nell’accesso alle risorse produttive (p.to 3), la riduzione delle diseguaglianze regionali (p.to 4).

Martínez Dalmau, Rubén, op. cit., pp. 274 y s.

Clavero, Bartolomé, “Apunte para la ubicación de la Constitución de Bolivia”, Rev. Esp. Der. Const., núm. 89, 2010, p. 200; García Serrano, Fernando, “La situazione giuridica dei popoli indigeni nella nuova costituzione ecuadoriana”, en Lanni, Sabrina (cur.), op. cit., p. 291; Arkonada, Katu, “Modelos plurinacionales”, en Arkonada, Katu et al. (coord.), Un Estado, muchos pueblos. La construcción de la plurinacionalidad en Bolivia y Ecuador, Barcelona, Icaria, 2012, pp. 91 y ss.; Marzo, Giuseppe de, Buen vivir. Per una nuova democrazia della Terra, 2a. ed., Roma, Ediesse, 2010, pp. 137 y ss.

García Linera, Alvaro, “El Estado plurinacional”, 2009, pp. 7 y ss., http://www.vicepresidencia.gob.bo/IMG/pdf/discursos_ponencias_7.pdf.

García Serrano, Fernando, “La situazione...”, cit., pp. 287 y 288.

Walsh, Catherine, Interculturalidad, Estado, sociedad: luchas (de)coloniales de nuestra época, Quito, Abya-Yala, 2009, pp. 41 y ss.; Garcia Serrano, Fernando, “La situazione...”, cit., pp. 291 y ss. Sul significato di Stato interculturale in Ecuador, v. altresì Bagni, Silvia, “Dal Wefare...”, cit., pp. 19 y ss. Nella costituzione boliviana viene più volte menzionata anche l’intraculturalità. Essa rientra in quel processo di consapevolezza che vede la cultura maggioritaria come una parte e non come un tutto, dove ogni soggetto è portatore di espressioni multiple e quindi le diversità sono sia in relazione agli altri sia in sé stessi. Il richiamo è sancito all’art. 9, c. 2, quale fine dello Stato di garantire l’eguale dignità delle persone e delle comunità che costituiscono l’ordinamento; all’art. 18, c. 3, ove si afferma che il sistema sanitario unico è anche intraculturale; all’art. 30, c. 12, riferito all’educazione intraculturale, interculturale e plurilingue (e ribadito agli artt. 78, c. 2, e 91, c. 2) e alla formazione dei docenti ex art. 96, c. 1, cost.

La decisione di includere nel testo costituzionale anche il quechua venne presa dopo le dure proteste dei rappresentanti indigeni contro l’esclusione del loro idioma.

Gli idiomi riconosciuti in costituzione sono: aymara, araona, baure, bésiro, cani-chana, cavineno, cayubaba, chàcobo, chimàn, ese ejja, guarani, guarasu’we, guarayu, itonama, leco, machajuyai-kallawaya, machineri, maropa, mojenotrinitario, mojeno-i-gnaciano, moré, mosetén, movima, pacawara, puquina, quechua, sirionó, tacana, tapiete, toromona, uru-chipaya, weenhayek, yaminawa, yuki, yuracaré, zamuco.

Grijalva Jiménez, Agustín, “Del presente se inventa el futuro: justicias indígenas y Estado en Ecuador”, en Sousa Santos, Boaventura de y Grijalva Jiménez, Agustín (coords.), Justicia indígena, plurinacionalidad e interculturalidad en Ecuador, Quito, Abya-Yala, 2012, p. 66.

Critico sulla realizzazione della giurisdizione indigena in assenza della legge di coordinamento è Clavero, Bartolomé, “¿Rectificación constitucional sobre la justicia indígena?”, ALAI, América Latina en Movimiento, 2011, http://alainet.org/active/50343⟨=es.

Sulla condizione giuridica dei popoli indigeni si rinvia a Ossio, Lorena, “Problemi e prospettive normative dei diritti indigeni in Bolivia”, en Lanni, Sabrina (cur.), op. cit., p. 227.

Goitia Caballero, Carlos Alberto, “La supremacía constitucional en Bolivia”, Foro Revista de Derecho, núm. 12, 2009, p. 209.

Baldin, Serena, “Lo statuto costituzionale dei popoli autoctoni in Bolivia con particolare riguardo alla giustizia indigena”,federalismi.it, 2015, pp. 1 y ss., www.federalismi.it.

Sousa Santos, Boaventura de, “Cuando los excluidos tienen Derecho: justicia indígena, plurinacionalidad e interculturalidad”, en Sousa Santos, Boaventura de y Exeni Rodríguez, José Luis (eds.), Justicia indígena, plurinacionalidad e interculturalidad en Bolivia, Quito, Abya-Yala, 2012, pp. 28 y 29.

Trujillo, Julio César y Grijalva, Agustín, “El fundamento constitucional de la nueva economía”, La Tendencia, núm. 10, 2010, pp. 88 y ss.; Sánchez Ramos, Fabián, “La cosmo-visión quichua en Ecuador: una perspectiva para la economía solidaria del buen vivir”, Cuadernos Americanos:.Nueva Epoca, núm. 4, 2012, pp. 39 y ss.

La partecipazione si esercita ai fini di: “1. Elaborar planes y políticas nacionales, locales y sectoriales entre los gobiernos y la ciudadanía. 2. Mejorar la calidad de la inversión pública y definir agendas de desarrollo. 3. Elaborar presupuestos participativos de los gobiernos. 4. Fortalecer la democracia con mecanismos permanentes de transparencia, rendición de cuentas y control social. 5. Promover la formación ciudadana e impulsar procesos de comunicación” (art. 100, c. 2, cost.).

Il cabildo è un istituto che affonda le radici nella tradizione medioevale spagnola, e indi trasposto in America Latina. Sul punto, Cogollos Amaya, Silvia y Ramírez León, Jaime, “Perspectiva histórica del Cabildo Abierto. Una forma de participación ciudadana”, Memoriay Sociedad, núm. 16, 2004, pp. 41 y ss.

Fernández, Nora, La consulta previa, un derecho de participación, Quito, Defensoría del Pueblo, 2011, pp. 68 y ss.; García Serrano, Fernando, “La situazione...”, cit., p. 276.

Perrier Bruslé, Laetitia, “Le conflit du Tipnis et la Bolivie d’Evo Morales face à ses contradictions: analyse d’un conflit socio-environnemental”, EchoGèo, 2012, pp. 1 y ss. La sentenza costituzionale che ha statuito la costituzionalità condizionata della legge nr. 222 del 10 febbraio 2012 sulla consultazione preventiva delle comunità indigene interessate dalla costruzione è la nr. 0300 del 18 giugno 2012. Ulteriori esempi di ineffettività del diritto all’ambiente sono riportati da Aparicio Wilhelmi, Marco, “Nuevo constitucionalismo, derechos y medio ambiente en las constituciones de Ecuador y Bolivia”, Rev. General de Derecho Público Comparado, núm. 9, 2011, pp. 16 y ss.

Ströbele-Gregor, Juliana, “El proyecto estatal del litio en Bolivia. Expectativas, desafíos y dilemas”, Mueva Sociedad, núm. 244, 2013, p. 81.

Pozzo, Barbara, “La tutela dell’ambiente nelle costituzioni: profili di diritto comparato alla luce dei nuovi principi introdotti dalla Carta di Nizza”, en Pozzo, Barbara y Renna, Mauro (cur.), L’ambiente nel nuovo Titolo Vdella Costituzione, Milano, Giuffrè, 2004, pp. 6 y ss. In prospettiva comparata, v. altresì Mezzetti, Luca (cur.), Idiritti della natura. Paradigmi di giuridificazione dell’ambiente nel diritto pubblico comparato, Padova, CEDAM, 1997.

Zaffaroni, Eugenio Raúl, “Pachamama, Sumak Kawsay y Constituciones”, Dir. Pub-bl. Comp. Eur., núm. 2, 2012, p. 433.

Berry, Thomas, “Prefazione”, en Cullinan, Cormac, I diritti della Natura. Wild Law, Prato, Piano B, 2012, p. 27.

Stone, Christopher D., Should Trees Have Standing? Law, Morality, and the Environment, 3a. ed., Nueva York, Oxford University Press, 2010; Cullinan, Cormac, op. cit.; Lucia, Vito de, “Towards an ecological philosophy of law: a comparative discussion”, Journal of Human Rights and the Environment, núm. 2, 2013, pp. 167 y ss.

Considerazioni puntuali sulla legittimazione attiva, riconosciuta a chiunque anche in carenza di un interesse legittimo, sono svolte da Prieto Méndez, Julio Marcelo, Derechos de la naturaleza..., cit., pp. 175 y ss.

Gudynas, Eduardo, “La ecología política...”, cit., p. 35.

Baldin, Serena, “I diritti della natura: i risvolti giuridici dell’etica ambiental exigente in America Latina”, en Baldin, Serena y Zago, Moreno (cur.), op. cit., pp. 168 y ss.

Zaffaroni, Eugenio Raúl, La Pachamama y el humano, Buenos Aires, Ediciones Madres de Plaza de Mayo, 2012, pp. 109 y ss.

Véase http://therightsofnature.org/universal-declaration/.

La sentenza nr. 11121-2011-0010 del 30 marzo 2011 è reperibile all’url http://mario-melo.files.wordpress.com/2011/04/proteccion-derechosnatura-loja-11.pdf. Si segnala che nel 2008, in vigenza della costituzione del 1998, venne sollevato un recurso de amparo constitucional, poi risolto nel 2009 dalla corte costituzionale nel periodo di transizione, ove il collegio fece riferimento ai diritti della natura. In argomento, véase Suárez, Sofía, “Efectivización de los derechos de la naturaleza: evolución jurisprudencial”, Temas de Análisis, núm. 27, 2012, p. 3.

Considerazioni sulla legittimazione attiva sono svolte da Prieto Méndez, Julio Marcelo, Derechos de la naturaleza..., cit., pp. 175 y ss.

L’art. 88 cost. recita: “La acción de protección tendrá por objeto el amparo directo y eficaz de los derechos reconocidos en la Constitución, y podrá interponerse cuando exista una vulneración de derechos constitucionales, por actos u omisiones de cualquier autoridad pública no judicial; contra políticas públicas cuando supongan la privación del goce o ejercicio de los derechos constitucionales; y cuando la violación proceda de una persona particular, si la violación del derecho provoca daño grave, si presta servicios públicos impropios, si actúa por delegación o concesión, o si la persona afectada se encuentra en estado de subordinación, indefensión o discriminación”.

Per un commento alla sentenza, véase Suárez, Sofía, “Defendiendo la naturaleza: retos y obstáculos en la implementación de los derechos de la naturaleza - Caso río Vil-cabamba”, 2013, pp. 1 y ss., http://library.fes.de/pdf-files/bueros/quito/10230.pdf; Clavero, Bartolomé, “Jurisprudencia ecuatoriana sobre derechos de la naturaleza”, 2011, Error! Hyperlink reference not valid.www.elcorreo.eu.org/IMG/article_PDF/Jurisprudencia-Ecuatoriana-sobre-Derechos-de-la-Naturale-za_a20229.pdf

Vargas Lima, Alan Elliott, “El derecho al medio ambiente en la Nueva Constitución Política del Estado Plurinacional de Bolivia”, Anuario de Derecho Constitucional Latinoamericano, 2012, pp. 266 y ss.; Arias López, Boris Wilson et al., “La acción popular considerada desde el ordenamiento jurídico boliviano”, Observatorio de la Economía Latinoamericana, núm. 158, 2011, http://www.eumed.net/cursecon/ecolat/bo/.

Pérez Castellón, Ariel, “Derechos de la Madre Tierra: ¿quién tiene capacidad para defenderlos?”,Nueva Crónicay Buen Gobierno, núm. 124, 2013, p. 5, http://institutoprisma.org/joomla/images/NC/nueva%20cronica%20124.pdf.

La corte penale di Loja aveva imposto al governo provinciale la sospensione delle attività e delegato al ministro dell’ambiente e al difensore del popolo il compito di dare esecuzione alla sentenza. Prieto Méndez, Julio Marcelo, Derechos de la naturaleza..., cit., p. 170; Suárez, Sofìa, “Defendiendo la naturaleza...”, cit., pp. 9 y ss.

Melo, Mario y Auz, Juan, “Polémica medida cautelar en favor de los derechos de la naturaleza”, 2011, http://pachamama.org.ec/polemica-medida-cautelar-en-favor-de-los-derechos-de-la-naturaleza/.

Suárez, Sofía, “Efectivización de los derechos de la naturaleza...”, cit., pp. 5 y ss. La decisione è reperibile all’url http://www.mpambiental.org/arquivos/jurisprudencia/1343739009.pdf

Navas, Roberto, “La extracción minera a gran escala en el Ecuador”, http://www.inredh.org/index.php?option=com_content&view=article&id=550:la-extraccion-minera-a-gran-esca-la-en-el-ecuador&catid=73:ddhh-ecuador&Itemid=144, e anchehttp://www.con/lictosmineros.net/contenidos/12-ecuador/14701-rueda-de-prensa; “Caso del Proyecto Mirador iría a Corte Interamericana”, La Hora, 3 de julio de 2013, http://www.lahora.com.ec/index.php/noticias/show/1101529847/-1/Caso_del_Proyecto_Mirador_ir%C3%ADa_a_Corte_Interamericana.html#.UtV6H9LuIVw.

Guaranda Mendoza, Wilton, “Recursos naturales, constitucionalismo y derechos”, en Cordero Heredia, David (coord.), Nuevas instituciones del derecho constitucional ecuatoriano, Quito, INREDH, 2010, vol. II, p. 180.

Il decreto che dichiara lo stato di eccezione è un provvedimento provvisorio della durata massima di sessanta giorni, sottoposto a controllo di costituzionalità. Ai sensi dell’art. 164 cost.: “La Presidenta o Presidente de la República podrá decretar el estado de excepción en todo el territorio nacional o en parte de él en caso de agresión, conflicto armado internacional o interno, grave conmoción interna, calamidad pública o desastre natural. La declaración del estado de excepción no interrumpirá las actividades de las funciones del Estado”.

Si rinvia alle sentenze costituzionali di convalida dei provvedimenti nr. 0006-10-SEE-CC del 2009 e nr. 0009-10-SEE-CC del 2010.

Il Decreto nr. 116 del 23.09.2013 è reperibile all’url http://www.andes.info.ec/sites/default/files/pdf_decreto_116_24-sep-2013.pdf.

Sousa Santos, Boaventura de, Refundación del Estado en América Latina. Perspectivas desde una epistemología del Sur, Lima, IILS-Programa Democracia y Transformación Global, 2010, pp. 108 y ss.; Carducci, Michele, “Epistemologia del Sud e costituzionalismo dell’alterità”, cit., p. 320.

Llasag Fernández, Raúl, “El sumak kawsay..?”, cit., p. 123.

Carducci, Michele, “Epistemologia del Sud e costituzionalismo dell’alterità”, cit., p. 323.

Gudynas, Eduardo, “Ciudadanía ambiental y meta-ciudadanías ecológicas: revisión y alternativas en America Latina”, Desenvolvimento e Meio Ambiente, núm. 19, 2009, pp. 53 y ss.

In termini simili si esprime Lanni, Sabrina, “Diritti indigeni e tassonomie del sistema in America Latina”, Annuario di Diritto Comparato e di Studi Legislativi, 2013, p. 188.

L’attivismo ecologista, le iniziative per la giustizia sociale e la resistenza delle culture indigene alla globalizzazione sono le tre radici dei movimenti anti-globalizzazione, divenute via via sempre più interconnesse. Hawken, Paul, Moltitudine inarrestabile..., cit., p. 42.

Si vedano i disposti di cui al Capítulo I bis - De la Tierra y sus recursos naturales. La legge è reperibile in http://www.ordenjuridico.gob.mx/Documentos/Estatal/Distrito%20Federal/wo85642.pdf. In argomento, Garza Grimaldo, José Gilberto, “Los derechos de la naturaleza: revolución jurídica que avanza”, 2013, http://www.iberoconstitucional.com.ar/wp-content/uploads/2013/09/3B-0071.pdf.

Il progetto è reperibile in http://www.parlatino.org/es/comisiones-permanentes/medio-am-biente-y-turismo/leyes-marco/leyes/1931.html.

United Nations General Assembly, “Concept Note”, 2014, http://www.harmonywith-natureun.org/content/documents/228concept%20note%204th%20Dialogue.pdf.nche i principi della sovranità alimentare sono ripresi a livello di Nazioni Unite, contemplati nel rapporto sul diritto al cibo del gennaio 2014, incoraggiando i governi a introdurre leggi e a emendare le costituzioni per assicurare una più forte osservanza di questo diritto, partendo dalla riforma del food system risalente al secolo scorso e che ha dimostrato tutte le sue insufficienze. Informe presentado por el Relator Especial sobre el derecho a la alimentación, Olivier De Schutter, en http://www.srfood.org/images/stories/pdf/officialre-ports/20140310_finalreport_es.pdf.

In questo senso, Marini, Giovanni, “La costruzione delle tradizioni giuridiche.”, cit., p. 166.

In chiave giuridica, una dura critica al neoliberismo è esposta da Mattei, Ugo y Nader, Laura, Plunder: When the Rule of Law is Illegal, Malden-Oxford-Victoria, Blackwell Publ., 2008.

Alcuni esempi sono riportati da Sousa Santos, Boaventura de y Rodriguez-Garavito, César A. (eds.), Law and Globalization..., cit.; Marella, Maria Rosaria (cur.), Oltre il pubblico e il privato. Per un diritto dei beni comuni, Verona, Ombre corte, 2012.

Monateri, Pier Giuseppe, Geopolitica del diritto..., cit., p. 44.

Sulla competizione fra tradizioni all’interno di una stessa comunità per proporre guide o modelli alternativi, Glenn, H. Patrick, Legal Traditions of the World..., cit., p. 28.

Sull’astratto antropomorfismo dei giuristi, che discutono di controllo per il diritto anziché di lotte fra gruppi di individui, Van Caenegem, Raoul C., Isignori del diritto, Milano, Giuffrè, 1991, pp. 61 y ss.

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